Questa festa la voglio fare da mille anni e non ci riesco mai.
L'idea sarebbe di costruire una capanna molto rustica (il tetto deve essere di rami attraverso cui si vedano le stelle): per tutta una settimana si cerca di stare il più possibile nella capanna a mangiare, pregare, studiare e dormire.
In questa ricorrenza gli ebrei rievocano i quarant'anni passati nel deserto prima di raggiungere la terra promessa. E' un modo per ricordarci che siamo tutti un po' precari e nomadi su questa terra. Ma sopratutto, quando ti appresti a dormire in una capanna senza tetto solido o teli impermeabili ad ottobre, ti viene quasi naturale alzare uno sguardo al Cielo e dire "beh....ci pensi tu, va bene? grazie". Cosa che se si fosse beneducati si farebbe un po' più spesso anche tra le solide mura domestiche.
Gli ebrei, infatti, quelli seri, non rispondono mai una domanda di cortesia senza ricordare ciò che di non umanamente pianificabile esiste nella vita umana.
Per esempio:
- Come stai?
- Bene, grazie a Dio.
- Allora ci vediamo domani?
- Sì, se Dio vuole.
Come staremmo se ogni volta che rendiamo conto di non stare male provassimo un intenso senso di gratitudine e di gioia?
E se nel programmare il nostro futuro più o meno immediato lasciassimo più spazio all'incontrollabile, ringraziando quando riusciamo a fare ciò che eravamo prefissati e chiedendoci divertiti quali impreviste alternative sono in serbo per noi nel momento in cui i nostri piani vanno all'aria?
Putroppo nel ambiente che frequento non posso permettermi di dire "Ci vediamo domani, se Dio vuole" perchè questo provocerebbe attimi di smarrimento nel mio interlocutore che mi guarderebbe di sbieco per capire se sto scherzando o se sono stata lobotimizzata da un asetta religiosa, poi toccherebbe per scaramanzia ferro o un testicolo e mi direbbe serio "ma stai gufando?". No, decisamente tra i giovani d'oggi non va molto di moda ricordare che domani potremmo essere morti. Del resto non so chi reagirebbe bene se, mentre sta festeggiando un successo, qualcuno viene a sussurrargli all'orecchio "ricordati che devi morire", come si usava fare con i centurioni vittoriosi per salvarli dai pericoli della superbia.
A parte l'excursus, ecco la nostra festa-lampo di Sukot (40 minuti netti un sabato pomeriggio in Valsassina, da Rosa, Giano ed Enea) nel 2011
L'idea sarebbe di costruire una capanna molto rustica (il tetto deve essere di rami attraverso cui si vedano le stelle): per tutta una settimana si cerca di stare il più possibile nella capanna a mangiare, pregare, studiare e dormire.
raccolta di legni...e di mele |
Gli ebrei, infatti, quelli seri, non rispondono mai una domanda di cortesia senza ricordare ciò che di non umanamente pianificabile esiste nella vita umana.
Per esempio:
- Come stai?
- Bene, grazie a Dio.
- Allora ci vediamo domani?
- Sì, se Dio vuole.
Come staremmo se ogni volta che rendiamo conto di non stare male provassimo un intenso senso di gratitudine e di gioia?
E se nel programmare il nostro futuro più o meno immediato lasciassimo più spazio all'incontrollabile, ringraziando quando riusciamo a fare ciò che eravamo prefissati e chiedendoci divertiti quali impreviste alternative sono in serbo per noi nel momento in cui i nostri piani vanno all'aria?
Putroppo nel ambiente che frequento non posso permettermi di dire "Ci vediamo domani, se Dio vuole" perchè questo provocerebbe attimi di smarrimento nel mio interlocutore che mi guarderebbe di sbieco per capire se sto scherzando o se sono stata lobotimizzata da un asetta religiosa, poi toccherebbe per scaramanzia ferro o un testicolo e mi direbbe serio "ma stai gufando?". No, decisamente tra i giovani d'oggi non va molto di moda ricordare che domani potremmo essere morti. Del resto non so chi reagirebbe bene se, mentre sta festeggiando un successo, qualcuno viene a sussurrargli all'orecchio "ricordati che devi morire", come si usava fare con i centurioni vittoriosi per salvarli dai pericoli della superbia.
A parte l'excursus, ecco la nostra festa-lampo di Sukot (40 minuti netti un sabato pomeriggio in Valsassina, da Rosa, Giano ed Enea) nel 2011
La capana, la mela e....la trappola |
La mamma cade nella trappola che jonas ha architettato tendendo un un ramo di vite senza foglie |
grasse risate |
anche la Mimmi, caduta in una trappola invisibile, rotola e rotola nel prato |
Queste sono le foto dei festeggiamenti del 2014
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