Nell’ambito del progetto Oltrepò BioDiverso finanziato dalla Fondazione Cariplo, la Cooperativa Finis Terrae ha messo in campo le proprie competenze per valorizzare una diversità che rappresenta una novità ma anche un’enorme potenzialità per un territorio afflitto dallo spopolamento e dall’inesorabile invecchiamento della popolazione:
stiamo parlando dei giovani provenienti dall’Africa arrivati negli ultimi anni. Per comprendere meglio il contesto bisogna considerare che questa è la prima volta che molti abitanti incontrano dal vivo persone con un colore di pelle marcatamente diverso.
E’ come se qui si stesse verificando adesso un fenomeno che in altri luoghi di Italia è già normalità da decenni. I Il fatto che questi nuovi “vicini di casa” siano arrivati a gruppi, che siano stati accolti in alberghi convertiti in Centri di Accoglienza Straordinaria, alcuni dei quali si trovano in piccoli paesi isolati, non raggiungibili con i mezzi pubblici e con pochissimi abitanti mediamente molto anziani, non ha reso le cose più facili.
Da una parte la paura “dell’Uomo Nero”, acuita dalla costituzionale diffidenza per i foresti (ossia da chi viene da fuori in generale, fosse anche solo da Pavia), dall’altra parte la percezione (fomentata da un certo tipo di informazione) che “loro siano trattati meglio di noi” - dal momento che vivono gratuitamente in albergo e non fanno nulla tutto il giorno - ha fatto sì che la diffidenza iniziale non sia scomparsa nonostante in questi anni la loro presenza non abbia creato nessun tipo di disturbo alla popolazione.
stiamo parlando dei giovani provenienti dall’Africa arrivati negli ultimi anni. Per comprendere meglio il contesto bisogna considerare che questa è la prima volta che molti abitanti incontrano dal vivo persone con un colore di pelle marcatamente diverso.

Da una parte la paura “dell’Uomo Nero”, acuita dalla costituzionale diffidenza per i foresti (ossia da chi viene da fuori in generale, fosse anche solo da Pavia), dall’altra parte la percezione (fomentata da un certo tipo di informazione) che “loro siano trattati meglio di noi” - dal momento che vivono gratuitamente in albergo e non fanno nulla tutto il giorno - ha fatto sì che la diffidenza iniziale non sia scomparsa nonostante in questi anni la loro presenza non abbia creato nessun tipo di disturbo alla popolazione.
La Cooperativa Finis Terrea, per facilitare il processo di integrazione, ha attivato diverse risorse: ha messo a disposizioni dei gestori dei CAS operatori competenti, ha attivato corsi di lingua italiana, ha creato occasioni di volontariato (pulizia di spazi dei comuni, risistemazione del Museo Contadino di Romagnese e disponibilità a fare visite guidate in lingua inglese e francese), ha organizzato il corso di formazione “Operatori delle aree verdi e agricole” in collaborazione con il Centro Servizi di Pavia, rivolto ai migranti, coinvolgendo le aziende agricole locali che hanno accettato con entusiasmo di seguire la formazione dei tirocinanti, con la possibilità di prolungare la collaborazione attraverso borse lavoro.
Ma è evidente che in un territorio come questo, se si vuole parlare di integrazione non è sufficiente formare i migranti, è necessario anche pensare a una strategia per aiutare la popolazione locale a conoscere e a fidarsi di questi potenziali futuri abitanti. In quest’ottica è stata organizzata una Feste del migrante nel giugno 2017 ed è stato pensato anche l’evento “Siamo sulla stessa barca - Quiz e canzoni sulla storia delle Migrazioni” che si è tenuto a Varzi il 17 dicembre. L’idea è nata quasi per caso durante il corso di lingua e cultura italiana rivolto a più di 60 migranti residenti a Varzi, Romagnese, Val di NIzza e Godiasco: la facilitatrice linguistica Charo Segrè ha scelto di insegnare le canzoni tradizionali dell’emigrazione italiana per via dei loro testi semplici e adatti sia per i principianti analfabeti anche in lingua madre che avevano bisogno di imparare a pronunciare, leggere e scrivere semplici frasi in italiano, sia per chi, avendo già una buona competenza linguistica, ha potuto approfondire anche l’aspetto storico dell’emigrazione italiana, delle leggi sull’immigrazione in Italia e la storia delle migrazioni che iniziarono proprio quando i primi africani, antenati di tutta l’umanità, uscirono per la prima volta dall’Africa. Quasi per gioco qualcuno ha iniziato a canticchiare le canzoni tradizionali italiane modificando alcune parole (Mamma mia dammi mille dollari / che in Libia io voglio andar…), utilizzando le strutture grammaticali imparate a memoria attraverso i canti ognuno ha avuto modo di comporre semplici frasi o testi autobiografici che si sono trasformati in un corposo repertorio che è stato poi utilizzato come base per lo studio e le esercitazioni. E’ stato proprio la scoperta di condividere con gli italiani l’esperienza della migrazione, oltre ad una preistorica fratellanza africana, che ha fatto nascere il desiderio di poter confrontarsi con la popolazione, di ragionare insieme sulle condizioni create dalle leggi italiane sull’immigrazione e di farsi conoscere come individui.
Sono nati così i “Nuovi Canti Migranti dal deserto ai monti”, tutti basati su melodie e ritmi di canzoni, filastrocche o giochi infantili italiani: dai racconti sulle esperienze vissute in Libia (sorvolando sugli aspetti più agghiaccianti e concludendo con l’inevitabile lieto fine, ossia l’arrivo in Italia) alle riflessioni sulla percezione degli stranieri come invasori (da sempre l’umanità si è spostata/ in cerca di terre e di cibo è emigrata/ ma perché vogliamo chiamarla “invasione” / e non “viaggio di sogni e di persone”?), dallo studio delle leggi sull’immigrazione in Europa (libera merce e capitale / ma cercar lavoro è illegale) alle condizioni di vita del clandestino che non avendo i documenti lavora in nero e vorrebbe avere un contratto, pagare le tasse e iscriversi all’INAIL. Da questi testi emerge un’umanità piena di speranze che vede l’Europa come un “continente di libertà”, che apprezza in Italia “il valore della vita”, a cui “trema il cuore per il desiderio di aiutare la famiglia rimasta in Africa” e che vorrebbe diventare “medico per curare tutte le persone”, poliziotto per poterle “difendere da tutte le violenze”, imprenditore “per dare lavoro a tutti” e che sogna di poter “fare un grande progetto per fare lavorare i neri e i bianchi insieme.”
Questi testi sono stati notati dall’organizzatore del Festival Internazionale della Poesia, Milton Fernandez che ha insistito per ospitarli a Milano il 12 maggio presso il MUDEC. I canti verranno accompagnati con la fisarmonica da Eraldo Pedemonte, fondatore di diversi cori tra cui il COMOLPA in Osteria (Coro della Comunità Montana dell’Oltrepo Pavese) che da anni tramando il patrimonio dei canti tradizionali locali e che ha collaborato con entusiasmo sia all’evento di Varzi sia all’appuntamento di Milano. Tutti noi ci auguriamo che questi piccoli semi di incontro, confronto e riflessione collettiva possano contribuire a rendere più consapevoli non solo gli abitanti dell’Oltrepo, ma gli italiani in generale, di quale grande opportunità ci è offerta dall’arrivo di queste giovani menti, membra e anime e di quale grandissimo errore sarebbe sprecare questa occasione non creando le condizioni per una piena e vantaggiosa integrazione.
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