6. La Principessa Maria di Sagliano
ovvero
Lo specchio e lo scudo
segue da...
5. La lotta contro il Drago
La dodicesima fanciulla
Tutti adesso sanno che Giorgio ha lottato contro il drago e l’ha sconfitto.
E che ha salvato così una povera principessa.
Allora chi mi sa spiegare perché nell’eremo di Sant’Alberto l’affresco raffigura il cavaliere che combatte un drago e una principessa che… guardate bene che cosa fa la principessa… sì, tiene il drago al guinzaglio! Come fosse un cagnolino.
Nelle raffigurazioni più antiche la principessa non piange terrorizzata tappandosi gli occhi, tutta tremante. Al contrario: serena e composta tiene al guinzaglio il mostro senza tendere nemmeno un muscolo.
Evidentemente c’è qualcosa che non ci è stato raccontato di questa figura femminile e forse il suo ruolo non si limita a quello della vittima salvata dal valoroso cavaliere...
Purtroppo non ho mai trovato nessuno che sapesse dirmi qualcosa di questa principessa. Per cui dobbiamo ancora una volta avviarci verso le rovine del castello di Sagliano e da lì guardare la collina e poi scendere verso la gola del Crenna, sperando che il paesaggio, le pietre, o un albero molto antico possano raccontarci qualcosa di lei.
Possiamo immaginare come si sarà sentita la principessa ogni notte di novilunio, per undici mesi, quando il drago usciva dal suo rifugio, risaliva strisciando le vie del paese, e portava via a forza una ragazza di cui si perdeva traccia?
Lei sarebbe stata la dodicesima, quella che viveva più in alto, l’ultima ragazza del paese. Era bella, lo possiamo vedere dall’affresco, con la pelle chiara e luminosa e i boccoli d’oro. Era la figlia del Re di Sagliano e possiamo essere sicuri - lo dimostra ciò che ha fatto! - che era molto coraggiosa. Probabilmente avrebbe voluto fare qualcosa. Per salvarsi, per salvare le altre ragazze sue coetanee, per il suo paese. Ma cosa poteva fare lei, così giovane e sopratutto… femmina!
A quel tempo infatti, le ragazze non potevano andare a combattere con i draghi, ma dovevano starsene buone e tranquille nelle proprie stanze a ricamare.
È probabile che, dopo molte notti insonni a cercare una soluzione, la principessa si sia rivolta a Fermo. Del resto dalle sue finestre lo vedeva, immobile, vegliare silenzioso sul paese, lo aveva sempre visto lì fin da quando era piccola. Ora però sul volto dell’uomo si era disegnata una ruga tra le sopracciglia, che era divenuta più profonda da quando il drago aveva iniziato a imperversare e a rendere, con il suo alito fetido, l’aria irrespirabile e la gente scontrosa e diffidente.
Nelle raffigurazioni più antiche la principessa non piange terrorizzata tappandosi gli occhi, tutta tremante. Al contrario: serena e composta tiene al guinzaglio il mostro senza tendere nemmeno un muscolo.
Evidentemente c’è qualcosa che non ci è stato raccontato di questa figura femminile e forse il suo ruolo non si limita a quello della vittima salvata dal valoroso cavaliere...
Purtroppo non ho mai trovato nessuno che sapesse dirmi qualcosa di questa principessa. Per cui dobbiamo ancora una volta avviarci verso le rovine del castello di Sagliano e da lì guardare la collina e poi scendere verso la gola del Crenna, sperando che il paesaggio, le pietre, o un albero molto antico possano raccontarci qualcosa di lei.
Possiamo immaginare come si sarà sentita la principessa ogni notte di novilunio, per undici mesi, quando il drago usciva dal suo rifugio, risaliva strisciando le vie del paese, e portava via a forza una ragazza di cui si perdeva traccia?
Lei sarebbe stata la dodicesima, quella che viveva più in alto, l’ultima ragazza del paese. Era bella, lo possiamo vedere dall’affresco, con la pelle chiara e luminosa e i boccoli d’oro. Era la figlia del Re di Sagliano e possiamo essere sicuri - lo dimostra ciò che ha fatto! - che era molto coraggiosa. Probabilmente avrebbe voluto fare qualcosa. Per salvarsi, per salvare le altre ragazze sue coetanee, per il suo paese. Ma cosa poteva fare lei, così giovane e sopratutto… femmina!
A quel tempo infatti, le ragazze non potevano andare a combattere con i draghi, ma dovevano starsene buone e tranquille nelle proprie stanze a ricamare.
È probabile che, dopo molte notti insonni a cercare una soluzione, la principessa si sia rivolta a Fermo. Del resto dalle sue finestre lo vedeva, immobile, vegliare silenzioso sul paese, lo aveva sempre visto lì fin da quando era piccola. Ora però sul volto dell’uomo si era disegnata una ruga tra le sopracciglia, che era divenuta più profonda da quando il drago aveva iniziato a imperversare e a rendere, con il suo alito fetido, l’aria irrespirabile e la gente scontrosa e diffidente.
Lo specchio e lo scudo
Fermo stava facendo un grosso sforzo per mantenersi fermo.
Il suo spirito da guerriero ribolliva e fremeva per il desiderio di affrontare il drago, il tiranno che lo aveva soggiogato e spinto a compiere azioni terribili, il cui ricordo lo tormentava ancora in sogno. Ma Fermo sapeva che la sua forza risiedeva nello stare fermo, che la sua sfida era quella di non agire, di non reagire più alle provocazioni.
Credo che fu Sant’Alberto a portargli lo specchio circolare che poi venne dato alla principessa di Sagliano. Sappiamo infatti che Alberto frequentava il marchese Malaspina di Casasco, che gli fece costruire la Chiesa intorno a cui venne poi edificato il monastero. È lui l’unico che avrebbe potuto donare uno specchio ad Alberto. Gli specchi a quei tempi non erano molto comuni, di certo non ne avevano i contadini e tanto meno gli eremiti. Perché lo specchio sia stato regalato inizialmente - forse per arredare l’eremo? - e perché Alberto lo abbia dato a Fermo, che poi a sua volta lo diede alla principessa, non si può sapere con certezza, ma si possono fare delle ipotesi. Dopo l’arrivo del drago nella gola del Crenna, Sant’Alberto si sarà raccolto in preghiera chiedendo spiegazioni e consigli sul da farsi. Si sa che quando ci si rivolge a divinità o esseri soprannaturali, le risposte possono essere strane e talvolta difficili da decifrare.
Questa volta la risposta giunse sotto forma di una visione: un terribile drago srotolava le sue spire squamose nella gola del torrente Crenna ed emergeva, enorme e spaventoso, sputando fuoco, dirigendosi verso Sagliano. D’improvviso appariva un essere incredibile. Aveva tre teste, di cui una da cavallo, quattro braccia, quattro gambe e quattro zampe dotate di zoccoli, la creatura impugnava da una parte un'arma lunga e luminosissima, dall'altra teneva una sorta di oggetto piatto e rotondo, splendente come la luna, sul quale le lingue di fuoco del drago si abbattevano ritorcendosi contro chi le aveva scagliate.
La visione si dissolse nel fumo di quelle fiamme e davanti agli occhi chiusi di Alberto apparve la piccola casa di San Fermo che sbucava tra le cortine boscose della gola del Crenna. Il santo sapeva come stare in completo ascolto, lasciando vuota la mente e il cuore e mettendo da parte la propria personale volontà, per lasciarsi colmare solo dal volere divino. Manteneva il corpo e lo spirito rilassato eppure pronto ad agire ed eseguiva i movimenti come se fosse qualcun altro a guidarlo, si rendeva strumento di una volontà più grande di lui senza permettere alla sua mente di fare domande inutili. In questo stato di presenza assente, Alberto si alzò, raccolse lo specchio che gli era stato donato e si mise in cammino verso Sagliano. Appena giunto, consegnò lo specchio a Fermo, quindi si sedette in silenzio al suo fianco. Del resto non aveva nulla da dire, il suo compito terminava lì.
Fermo non poteva comprendere il significato di quello strano dono, ma si sforzò di non fare vagare la mente alla ricerca di ipotesi plausibili e si limitò a fermare i pensieri dentro di sé per lasciare spazio alla risposta che presto o tardi sarebbe arrivata.
Quella notte anche Fermo ebbe la stessa visione di Alberto: il drago veniva sconfitto da un essere con tre teste di cui una da cavallo, quattro zampe con gli zoccoli, quattro gambe umane e quattro braccia. Lui però riconobbe nell’arma lunga e luminosa la spada di fuoco dell’Arcangelo Michele e nell’oggetto rotondo e luminoso come la luna, uno scudo.
Solo al risveglio, guardando lo specchio, riuscì a riconoscere la forma dello scudo che aveva visto in sogno.
Lo specchio però era pesante e avrebbe potuto essere usato come scudo solo reggendolo con entrambe le mani, eppure la creatura misteriosa lo teneva con un unico arto, proprio come faceva lui quando era centurione e si legava lo scudo al braccio.
D’improvviso gli vennero in mente i lacci di cuoio che aveva trovato pochi giorni prima nel bosco, probabilmente i resti di qualche imbracatura da asino che si era rotta lungo la via del sale.
Dopo aver preso lunghi respiri, chiedendosi se fosse o meno necessario fare ciò che sentiva l’urgenza di fare, si alzò e, molto lentamente, accomodò i lacci di cuoio per rendere lo specchio utilizzabile come scudo.
Il suo spirito da guerriero ribolliva e fremeva per il desiderio di affrontare il drago, il tiranno che lo aveva soggiogato e spinto a compiere azioni terribili, il cui ricordo lo tormentava ancora in sogno. Ma Fermo sapeva che la sua forza risiedeva nello stare fermo, che la sua sfida era quella di non agire, di non reagire più alle provocazioni.
Credo che fu Sant’Alberto a portargli lo specchio circolare che poi venne dato alla principessa di Sagliano. Sappiamo infatti che Alberto frequentava il marchese Malaspina di Casasco, che gli fece costruire la Chiesa intorno a cui venne poi edificato il monastero. È lui l’unico che avrebbe potuto donare uno specchio ad Alberto. Gli specchi a quei tempi non erano molto comuni, di certo non ne avevano i contadini e tanto meno gli eremiti. Perché lo specchio sia stato regalato inizialmente - forse per arredare l’eremo? - e perché Alberto lo abbia dato a Fermo, che poi a sua volta lo diede alla principessa, non si può sapere con certezza, ma si possono fare delle ipotesi. Dopo l’arrivo del drago nella gola del Crenna, Sant’Alberto si sarà raccolto in preghiera chiedendo spiegazioni e consigli sul da farsi. Si sa che quando ci si rivolge a divinità o esseri soprannaturali, le risposte possono essere strane e talvolta difficili da decifrare.
Questa volta la risposta giunse sotto forma di una visione: un terribile drago srotolava le sue spire squamose nella gola del torrente Crenna ed emergeva, enorme e spaventoso, sputando fuoco, dirigendosi verso Sagliano. D’improvviso appariva un essere incredibile. Aveva tre teste, di cui una da cavallo, quattro braccia, quattro gambe e quattro zampe dotate di zoccoli, la creatura impugnava da una parte un'arma lunga e luminosissima, dall'altra teneva una sorta di oggetto piatto e rotondo, splendente come la luna, sul quale le lingue di fuoco del drago si abbattevano ritorcendosi contro chi le aveva scagliate.
La visione si dissolse nel fumo di quelle fiamme e davanti agli occhi chiusi di Alberto apparve la piccola casa di San Fermo che sbucava tra le cortine boscose della gola del Crenna. Il santo sapeva come stare in completo ascolto, lasciando vuota la mente e il cuore e mettendo da parte la propria personale volontà, per lasciarsi colmare solo dal volere divino. Manteneva il corpo e lo spirito rilassato eppure pronto ad agire ed eseguiva i movimenti come se fosse qualcun altro a guidarlo, si rendeva strumento di una volontà più grande di lui senza permettere alla sua mente di fare domande inutili. In questo stato di presenza assente, Alberto si alzò, raccolse lo specchio che gli era stato donato e si mise in cammino verso Sagliano. Appena giunto, consegnò lo specchio a Fermo, quindi si sedette in silenzio al suo fianco. Del resto non aveva nulla da dire, il suo compito terminava lì.
Fermo non poteva comprendere il significato di quello strano dono, ma si sforzò di non fare vagare la mente alla ricerca di ipotesi plausibili e si limitò a fermare i pensieri dentro di sé per lasciare spazio alla risposta che presto o tardi sarebbe arrivata.
Quella notte anche Fermo ebbe la stessa visione di Alberto: il drago veniva sconfitto da un essere con tre teste di cui una da cavallo, quattro zampe con gli zoccoli, quattro gambe umane e quattro braccia. Lui però riconobbe nell’arma lunga e luminosa la spada di fuoco dell’Arcangelo Michele e nell’oggetto rotondo e luminoso come la luna, uno scudo.
Solo al risveglio, guardando lo specchio, riuscì a riconoscere la forma dello scudo che aveva visto in sogno.
Lo specchio però era pesante e avrebbe potuto essere usato come scudo solo reggendolo con entrambe le mani, eppure la creatura misteriosa lo teneva con un unico arto, proprio come faceva lui quando era centurione e si legava lo scudo al braccio.
D’improvviso gli vennero in mente i lacci di cuoio che aveva trovato pochi giorni prima nel bosco, probabilmente i resti di qualche imbracatura da asino che si era rotta lungo la via del sale.
Dopo aver preso lunghi respiri, chiedendosi se fosse o meno necessario fare ciò che sentiva l’urgenza di fare, si alzò e, molto lentamente, accomodò i lacci di cuoio per rendere lo specchio utilizzabile come scudo.
Qualche giorno dopo la principessa Maria, che tutti però chiamavano Luna, si buttò un mantello sulle spalle e di nascosto andò a trovare Fermo di notte per chiedergli cosa si poteva fare per fermare il drago.
Noi non possiamo sapere come si sia svolto quell’incontro, ma possiamo immaginare la ragazzina che interroga l’eremita e questo che rimane immobile e zitto. La principessa si sarà spazientita? Si sarà offesa pensando che anche lui come tutti gli altri uomini riteneva che lei non dovesse impicciarsi in quella faccenda? Si sarà chiesta se Fermo fosse sordo o muto oppure addirittura stupido?
Noi non possiamo sapere come si sia svolto quell’incontro, ma possiamo immaginare la ragazzina che interroga l’eremita e questo che rimane immobile e zitto. La principessa si sarà spazientita? Si sarà offesa pensando che anche lui come tutti gli altri uomini riteneva che lei non dovesse impicciarsi in quella faccenda? Si sarà chiesta se Fermo fosse sordo o muto oppure addirittura stupido?
Fermo era molto concentrato perché era in ascolto, attendeva ordini dal profondo del suo cuore e quando fu sicuro che stava facendo la cosa giusta, le consegnò in silenzio lo specchio. Forse esitò perché gli sembrò strano consegnare un’arma a una ragazza, ma stava imparando a distinguere la volontà divina dalla sua piccola volontà umana guidata dalla sua mente limitata.
La principessa non aveva mai visto uno specchio, quando le arrivò tra le mani aveva la superficie rivolta verso il cielo e la luna vi si riflesse mandando bagliori luminosi che la lasciarono a bocca aperta. Girò lo specchio per vedere di che cosa si trattasse e per la prima volta scorse il suo volto: la pelle delicata e rosata delle guance, i boccoli d’oro, gli occhi luccicanti sotto le lunghe ciglia. Da principio non comprese subito che quella fanciulla splendida era lei, ma quando se ne rese conto rimase affascinata e rapita da quella visione.
Senza staccare gli occhi dalla propria immagine riflessa salutò Fermo frettolosamente e tornò al castello.
L'idea di dover finire in pasto al drago ora le sembrava intollerabile. Perché lei che era così bella e giovane doveva morire? Non era giusto! Lei voleva vivere e amare ed essere amata. Era disperata e pensò a cento modi per fuggire. Non era più preoccupata delle sorti del suo paese e delle sue coetanee, voleva solo salvarsi.
La dodicesima luna nera.
I mesi passavano, ormai si stava avvicinando il dodicesimo novilunio, il suo. La principessa Luna guardava con apprensione la luna ridursi ogni sera, come un dolce da cui venisse mangiato ogni notte una cucchiaiata. Ormai nel cielo c’era solo l’ultima sottilissima falce. Sembrava il segno di un’unghia nella scura volta celeste, un graffio nel mantello della notte attraverso cui traspariva un raggio di Regno di Luce, proprio come lo squarcio che il Drago aveva fatto nel tentativo di riconquistare il Cielo.
La principessa sapeva che l’indomani quello spiraglio di luce si sarebbe richiuso, l’ultima cucchiaiata sarebbe stata mangiata, la luna sarebbe morta. E la stessa sorte sarebbe toccata a lei.
La fanciulla guardava il proprio viso riflesso nello specchio, i suoi occhi luccicavano colmandosi di lacrime che tremavano sulle ciglia arcuate prima di scorrere sulle guance rosate.
Chi avrebbe potuto rimanere impassibile dinnanzi a tanta bellezza?D’improvviso la principessa prese la sua decisione: non avrebbe aspettato la morte nel castello. Sarebbe andata dal drago la sera prima, così ci sarebbe stata luce abbastanza affinché il mostro potesse vederla in volto. Forse avrebbe potuto commuoverlo, forse il drago non avrebbe avuto cuore di distruggere qualcosa di così bello, forse la sua bellezza avrebbe potuto salvarla. Era tutto ciò che possedeva, del resto e non aveva niente da perdere, se non ci avesse provato, la sua morte sarebbe stata certa.
Prese lo specchio e si incamminò verso la gola del Crenna.
Più procedeva contro il vento freddo della notte, più sentiva le forze venirle meno, si sentiva sempre più debole, e con la forza se ne andava anche il coraggio e la fiducia. La fanciulla allungò una mano per estrarre lo specchio ed essere rassicurata dalla visione della sua bellezza. Ma l’orrore le prese la gola: la sua mano era diventata secca e rugosa! Spaventata si guardò allo specchio: stava invecchiando a vista d'occhio, la pelle perdeva colore e luminosità, i capelli cadevano a ciocche e incanutivano, faticava a tenere dritta la schiena perché un dolore sordo le stringeva le reni. Era il potere del drago che le stava sottraendo tutte le energie, il dolore intanto si stava espandendo, sentiva dentro al suo ventre le unghie del drago che la dilaniavano come avevano fatto con le porte del Regno di Luce. A un certo punto non riuscì più a reggersi in piedi, le ginocchia cedettero e scivolò giù per la scarpata fino al greto del torrente. Faticosamente cercò di rimettersi in piedi, non si era fatta male cadendo, si era solo graffiata con qualche arbusto, per questo cacciò un urlo strozzato quando si accorse che le sue gambe erano striate di sangue. Il sangue scorreva dal suo ventre eppure lei non era ferita. E con il sangue se ne andavano tutte le sue forze. La testa prese a dolerle e a girarle e cadde priva di sensi.
Fu in quel punto che l’indomani Giorgio incontrò la strega che gli diede lo scudo. E adesso finalmente sapete chi era questa vecchia misteriosa!
Era partita dal suo castello che aveva appena tredici anni e in poche ore era diventata donna e poi vecchia. Nello stato di semi-incoscienza in cui cadde quella terribile notte, Luna ebbe la stessa visione che avevano avuto Alberto e Fermo, ma riuscì a metterla meglio a fuoco: l’avversario del Drago delle Tenebre non era una creatura con tre teste e otto arti, ma tre esseri distinti, un uomo, una donna e un cavallo. La donna teneva in mano lo scudo circolare e il suo volto era quello della principessa. L’uomo con la spada era un cavaliere, che lei riconobbe in Giorgio non appena lo vide.
Coi modi bruschi di chi ha poche energie e non ha tempo da perdere, Luna riuscì a dare lo scudo a Giorgio, appena in tempo, perché pochi minuti dopo il drago emerse dalla gola del Crenna e si lanciò all’inseguimento del cavaliere. Con un tremendo colpo di coda il mostro colpì involontariamente la vecchia, che volò in aria e atterrò qualche metro più in là. Prima di cadere al suolo e perdere i sensi, la donna pensò che forse non avrebbe mai più rivisto la luce, ma che era soddisfatta di aver fatto il suo dovere.
Alle prime luci dell’alba, prima del sorgere del sole, la principessa Luna si svegliò. Sbatté le palpebre cercando di capire perché si trovasse per terra nel bosco invece che nel suo letto, poi in un baleno ricordò tutto. Col cuore in gola si guardò le mani: erano piccole e morbide. Allora non era diventata vecchia? Era stato tutto un sogno? E lo scudo, il cavaliere, il drago? Cosa era successo e cosa era frutto della sua immaginazione?
Si guardò intorno: il letto del torrente e tutti gli alberi lì vicino erano intrisi del sangue nero del drago. Si guardò le gambe sotto alla gonna strappata dai rovi, anche loro erano sporche di sangue rappreso, ma non era quello nero del drago, era il suo.
La principessa si lavò nel torrente e verificò di non avere ferite. Si tolse il vestito di broccato ormai rovinato e si sfilò anche la gonna interna macchiata di sangue, restando con una semplice sottoveste bianca e si incamminò lungo il torrente seguendo le tracce lasciate dal drago fino a raggiungere Giorgio, ancora inginocchiato con la fronte appoggiata per terra.
Fermo era molto concentrato perché era in ascolto, attendeva ordini dal profondo del suo cuore e quando fu sicuro che stava facendo la cosa giusta, le consegnò in silenzio lo specchio. Forse esitò perché gli sembrò strano consegnare un’arma a una ragazza, ma stava imparando a distinguere la volontà divina dalla sua piccola volontà umana guidata dalla sua mente limitata.
La principessa non aveva mai visto uno specchio, quando le arrivò tra le mani aveva la superficie rivolta verso il cielo e la luna vi si riflesse mandando bagliori luminosi che la lasciarono a bocca aperta. Girò lo specchio per vedere di che cosa si trattasse e per la prima volta scorse il suo volto: la pelle delicata e rosata delle guance, i boccoli d’oro, gli occhi luccicanti sotto le lunghe ciglia. Da principio non comprese subito che quella fanciulla splendida era lei, ma quando se ne rese conto rimase affascinata e rapita da quella visione.
Senza staccare gli occhi dalla propria immagine riflessa salutò Fermo frettolosamente e tornò al castello.
L'idea di dover finire in pasto al drago ora le sembrava intollerabile. Perché lei che era così bella e giovane doveva morire? Non era giusto! Lei voleva vivere e amare ed essere amata. Era disperata e pensò a cento modi per fuggire. Non era più preoccupata delle sorti del suo paese e delle sue coetanee, voleva solo salvarsi.
La dodicesima luna nera.
I mesi passavano, ormai si stava avvicinando il dodicesimo novilunio, il suo. La principessa Luna guardava con apprensione la luna ridursi ogni sera, come un dolce da cui venisse mangiato ogni notte una cucchiaiata. Ormai nel cielo c’era solo l’ultima sottilissima falce. Sembrava il segno di un’unghia nella scura volta celeste, un graffio nel mantello della notte attraverso cui traspariva un raggio di Regno di Luce, proprio come lo squarcio che il Drago aveva fatto nel tentativo di riconquistare il Cielo.
La principessa sapeva che l’indomani quello spiraglio di luce si sarebbe richiuso, l’ultima cucchiaiata sarebbe stata mangiata, la luna sarebbe morta. E la stessa sorte sarebbe toccata a lei.
La fanciulla guardava il proprio viso riflesso nello specchio, i suoi occhi luccicavano colmandosi di lacrime che tremavano sulle ciglia arcuate prima di scorrere sulle guance rosate.
Chi avrebbe potuto rimanere impassibile dinnanzi a tanta bellezza?D’improvviso la principessa prese la sua decisione: non avrebbe aspettato la morte nel castello. Sarebbe andata dal drago la sera prima, così ci sarebbe stata luce abbastanza affinché il mostro potesse vederla in volto. Forse avrebbe potuto commuoverlo, forse il drago non avrebbe avuto cuore di distruggere qualcosa di così bello, forse la sua bellezza avrebbe potuto salvarla. Era tutto ciò che possedeva, del resto e non aveva niente da perdere, se non ci avesse provato, la sua morte sarebbe stata certa.
Prese lo specchio e si incamminò verso la gola del Crenna.
Più procedeva contro il vento freddo della notte, più sentiva le forze venirle meno, si sentiva sempre più debole, e con la forza se ne andava anche il coraggio e la fiducia. La fanciulla allungò una mano per estrarre lo specchio ed essere rassicurata dalla visione della sua bellezza. Ma l’orrore le prese la gola: la sua mano era diventata secca e rugosa! Spaventata si guardò allo specchio: stava invecchiando a vista d'occhio, la pelle perdeva colore e luminosità, i capelli cadevano a ciocche e incanutivano, faticava a tenere dritta la schiena perché un dolore sordo le stringeva le reni. Era il potere del drago che le stava sottraendo tutte le energie, il dolore intanto si stava espandendo, sentiva dentro al suo ventre le unghie del drago che la dilaniavano come avevano fatto con le porte del Regno di Luce. A un certo punto non riuscì più a reggersi in piedi, le ginocchia cedettero e scivolò giù per la scarpata fino al greto del torrente. Faticosamente cercò di rimettersi in piedi, non si era fatta male cadendo, si era solo graffiata con qualche arbusto, per questo cacciò un urlo strozzato quando si accorse che le sue gambe erano striate di sangue. Il sangue scorreva dal suo ventre eppure lei non era ferita. E con il sangue se ne andavano tutte le sue forze. La testa prese a dolerle e a girarle e cadde priva di sensi.
Fu in quel punto che l’indomani Giorgio incontrò la strega che gli diede lo scudo. E adesso finalmente sapete chi era questa vecchia misteriosa!
Era partita dal suo castello che aveva appena tredici anni e in poche ore era diventata donna e poi vecchia. Nello stato di semi-incoscienza in cui cadde quella terribile notte, Luna ebbe la stessa visione che avevano avuto Alberto e Fermo, ma riuscì a metterla meglio a fuoco: l’avversario del Drago delle Tenebre non era una creatura con tre teste e otto arti, ma tre esseri distinti, un uomo, una donna e un cavallo. La donna teneva in mano lo scudo circolare e il suo volto era quello della principessa. L’uomo con la spada era un cavaliere, che lei riconobbe in Giorgio non appena lo vide.
Coi modi bruschi di chi ha poche energie e non ha tempo da perdere, Luna riuscì a dare lo scudo a Giorgio, appena in tempo, perché pochi minuti dopo il drago emerse dalla gola del Crenna e si lanciò all’inseguimento del cavaliere. Con un tremendo colpo di coda il mostro colpì involontariamente la vecchia, che volò in aria e atterrò qualche metro più in là. Prima di cadere al suolo e perdere i sensi, la donna pensò che forse non avrebbe mai più rivisto la luce, ma che era soddisfatta di aver fatto il suo dovere.
Alle prime luci dell’alba, prima del sorgere del sole, la principessa Luna si svegliò. Sbatté le palpebre cercando di capire perché si trovasse per terra nel bosco invece che nel suo letto, poi in un baleno ricordò tutto. Col cuore in gola si guardò le mani: erano piccole e morbide. Allora non era diventata vecchia? Era stato tutto un sogno? E lo scudo, il cavaliere, il drago? Cosa era successo e cosa era frutto della sua immaginazione?
Si guardò intorno: il letto del torrente e tutti gli alberi lì vicino erano intrisi del sangue nero del drago. Si guardò le gambe sotto alla gonna strappata dai rovi, anche loro erano sporche di sangue rappreso, ma non era quello nero del drago, era il suo.
La principessa si lavò nel torrente e verificò di non avere ferite. Si tolse il vestito di broccato ormai rovinato e si sfilò anche la gonna interna macchiata di sangue, restando con una semplice sottoveste bianca e si incamminò lungo il torrente seguendo le tracce lasciate dal drago fino a raggiungere Giorgio, ancora inginocchiato con la fronte appoggiata per terra.
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