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C’è già chi ha parlato di Quinto Stato, costituito da chi, precario, con contratti atipici oppure professionista con partita IVA, è da considerarsi apolide in quanto non gode degli stessi diritti degli altri cittadini.
La malattia pagata, le ferie retribuite, la maternità e anche gli assegni familiari e il sussidio per la disoccupazione, sono state pensati in un mondo in cui qualunque individuo “di buona volontà” aveva un lavoro e qualunque lavoro prevedeva un contratto, per cui era normale e giusto escludere da questi diritti i pochi sfaticati, briganti, ricchi di famiglia o ricchi professionisti che non avevano voglia o bisogno di lavorare.
Oggi però dobbiamo essere consapevoli del fatto che, oltre al Quinto Stato, sta crescendo anche un nuovo Stato che è quello dei migranti che sono oggi esattamente nella situazione in cui eravamo noi italiani meno di cento anni fa, quando siamo emigrati nel mondo spinti dalla fame ma anche dal desiderio (legittimo?) di tentare la sorte per migliorare condizioni di vita non del tutto inaccettabili.
Per comprendere la condizione degli immigrati in Italia oggi bisogna sapere innanzitutto che arrivare in Europa, se non si ha un contratto di lavoro già stipulato a proprio nome, non è consentito. La nostra legge sull’immigrazione, che prende il nome dai due noti filantropi che l’hanno scritta (Bossi e Fini), consente di entrare in Italia con un visto da turista o da studente, ma esso non può essere convertito in visto per lavoro.
Fino a qualche anno fa la normale procedura per diventare immigrati regolari era arrivare come turisti per poi diventare clandestini dopo tre mesi, oppure di arrivare direttamente come clandestini, poi cercare un lavoro nero e quindi aspettare una sanatoria che permettesse ai datori di lavoro di assumerli e di metterli così in regola. Dal momento però che arrivare o permanere in Italia senza permesso di soggiorno è illegale, non era possibile regolarizzare i fuorilegge presenti sul territorio italiano, motivo per cui l’immigrato doveva tornare nel proprio paese, attendere di essere chiamato dal datore di lavoro (giunto misteriosamente a conoscenza dei suoi dati anagrafici e misteriosamente desideroso di avere proprio lui come dipendente), quindi bruciare o smarrire il passaporto (che avrebbe altrimenti testimoniato il reato di clandestinità) rientrare in Italia nel ligio rispetto della legge.
Oggi gli stranieri regolari in Italia sono circa l’8% della popolazione e contribuiscono quasi al 9% del Pil con 130 miliardi di valore aggiunto e con un importantissimo supporto al sistema previdenziale (grazie a loro le casse del INPS hanno un saldo positivo, sono loro che stanno pagando le pensioni ai nostri nonni). Se potessimo creare uno stato costituito solo dagli stranieri residenti regolarmente in Italia, questo sarebbe il Diciassettesimo Stato europea dal punto di vista della potenza economica, superando Ungheria, Croazia e Slovacchia.
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Il Sesto Stato dei Senzaidentità - 3
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