lunedì 4 febbraio 2019

Amare, prima coniugazione



Questa è la nostra prima coniugazione plurale.
Tu non ti eri mai coniugato prima, singolare, riflessivo,
solido, responsabile e con un cuore grande.
Io non mi ero mai coniugata prima,
singolare, riflessiva,
creativa, dispersiva
e con un cuore un po’ troppo grande.
Questa è la nostra prima coniugazione plurale,
riflessiva:
ci siamo coniugati,
anche se da definizione, riflettendoci,
si è coniugi solo
se uniti dal sacro vincolo del matrimonio,
e noi non lo siamo.
Ma siamo coniugi nella definizione etimologica del termine,
siamo uniti dallo stesso giogo,
da una casa in comune, tre figli in comune, un letto in comune.


Se mal comune, mezzo gaudio,
allora ben comune, doppio gaudio!

E se ci siamo aggiogati è perchè siamo soggiogati,
siamo soggiogati dalle responsabilità di un’economia familiare
e dell’allevamento di esseri umani che costruiranno il futuro,
ma siamo soggiogati ancora di più da un’altra forza.


Io sono soggiogata da quella cosa
che sento quando sei vicino a me,
da quel calore che mi invade
e mi sorprende
ogni volta che ti tocco una spalla,
da quel sentirmi a casa
e vederti splendente
come lo eri nella tua gioventù ruggente,
coi capelli lunghi al vento in bicicletta,
e mi commuove e sono orgogliosa
di vedere quanto sei cambiato
in questi anni e
- incredibilmente -
in meglio.
E sono soggiogata anche
dall’immagine che tu hai di me,
non posso nasconderti
quanto sono disordinata, incostante,
mediocre massaia, pessima cuoca,
e non ho dubbi che non stai con me
per i vantaggi che normalmente
gli uomini traggono dall’avere una moglie:
camice stirate, casa pulita e un angelo del focolare.
Ma io lo sento come mi vedi,
io so che nelle tue mani
il mio corpo acerbo è diventato adulto
e l’hai visto trasformarsi
quando ti ho fatto l’onore di essere due,
ospitando per tre volte piccoli umani
con il loro bagaglino genetico
che per metà è il tuo,
tu conservi di me
le mie immagini più luminose,
niente può competere
con la potenza del primo grande amore
- se non forse un secondo amore,
più maturo e con una maggior posta in gioco,
vissuto con il medesimo primo grande amore.


Questo amore al modo indicativo, indicativamente,
si coniuga benissimo
al passato (mi amasti, ti amai, ci amammo..)
al presente (ti amo, mi amo, li amo)
e anche al futuro (ci ameranno, vi amerete, ti amerà).
Ma è nel gerundio che dà il meglio di sè:
amandoci stiamo costruendo la nostra vita e crescendo i nostri figli.
Avendo amato te per primo, tu sei per me l’Uomo per antonomasia.
Avendo amato, ora siamo in cinque invece che in due.
L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono, persone sedute, bimbo e spazio al chiuso
Anche il participio si sposa bene con il nostro amore,
chi più di un’amante può amare l’amato?

Tuttavia il nostro amore incespica al tempo condizionale,
perchè l’amore non regge il peso delle condizioni:
ti amerei se
tu non dimenticassi di spegnere le luci quando esci da una stanza.
Ti amerei se
tu non ti innamorassi mille volte al giorno,
di cui solo novecentonovantanove di me

E, del resto, stride all’imperativo:
amami!
non si può dire neanche a un cane.

Ma, come ogni italiano ben sa,
è il congiuntivo il verbo in cui è più difficile coniugare il verbo coniugarsi.
E’ necessario quindi fare un piccolo ripasso del verbo essere al tempo “coniugativo”
perchè se non si parte dall’essere
non ha senso passare al dire, fare, baciare, lettera e testamento,
altrimenti si rischia di tra-dire, stra-fare, ab-bacinare, letterale e testardardaggine.
Del resto tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare,
ma tra il tra-dire e il dire c’è di mezzo un tra-ttino,
e se uno è ben saldo nell’essere, la differenza non gli può sfuggire.


Eccolo dunque al maschile, singolare:
che io sia - PRESENTE
che io fossi - IMPERFETTO
che io sia stato - PASSATO
che io fossi stato - TRAPASSATO

Ed eccolo al femminile, molto singolare:
che io sia PRESENTE
a me stessa, nella mia vita, e solo come conseguenza di ciò
che io sia presente anche nella tua, di vita.
che io fossi IMPERFETTA
lo sapevi fin dall’inizio, non è una novità, puoi riconoscere
che mi hai scelta così come sono perchè era così che mi volevi?
Puoi riconoscere che sono un pochino meno imperfetta di un tempo?
Che a una minore elasticità dei tessuti corrisponde una maggiore elasticità
al compromesso e un immutato desiderio di migliorare
per imparare ad amarti sempre meglio?
che io sia stata in PASSATO
anche peggiore, lo sai, ci siamo fidanzati quando avevo 14 anni...
che io fossi stata TRAPASSATA
da pensieri, fatti e opinioni, nel mio trapassato, non si può negare,
e allora? Se io non fossi io, non avrei vissuto ciò che ho vissuto
e in definitiva non sarei io.
E allora mi prendi così come sono,
con tutto quello che è passato e trapassato
o non ci passo tutta quanta dalla porta?
E tu ci passi?
Quanti passi puoi fare con quel quaderno nero
con tutte le brutte note, le note stonate,
le noti ancora o forse non si notano più, dopo tanto tempo?


Sì, è così difficile coniugare e coniugarsi,
con tutti quei modi,
tutti quei tempi
e tutte quelle persone, che immancabilmente ci sono,
c’è la prima persona e poi la seconda e la terza,
poi i figli, singolari e plurali, gli amici e i parenti…


C’è solo un modo che non ha persone,
non ha nessuna persona perchè è oltre ad ogni identità,
singolare o plurale,
e che ha solo un tempo,
il tempo presente,
l'unico tempo che esiste davvero,
perchè il passato è già andato via,
mentre il futuro non esiste ancora.
E’ il modo più facile di tutti, apparentemente,
il più sublime,
quello che se ci pensi ti viene il capogiro,
che a volte sembra inarrivabile,
ma è quello che io ci vorrei regalare,
è l'infinito presente
del verbo amare:
AMARE



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