ripescando dai testi del guatemala aggiungo una fiaba, ma lascio l'introduzione
Oggi ho fatto il mio primo acquisto da turista: una tela di 20 centimetri azzurra con linee verticali marrone rossiccio e ricamati in lana una miriade di uccelli di tutti i colori che chiacchierano e trillano, si chiamano svolazzano gorgheggiano tra le foglie.
La vecchietta intagliata di rughe pittoresche mi guardava con gli occhi umidi e pigolava “Compr! Compr!” porgendomi una tela bianca con un quetzal, il petto rosso e le piume lunghe verdi come il suo parrucchino punk stile pom pom. Era un bel lavoro, ma non molto espressivo “no, grazie, signora, mi spiace...abbiamo i soldi contati per il bus...non posso” me ne mostra un altro analogo. “no, mi spiace, grazie, prego scusi...” e’ difficile dire di no a queste nonnine che si cavano gli occhi ricamando uccelli per i turisti.
Me ne sto andando quando con la coda dell’occhio sento tutto un frullare d’ali e cinguettii. Era la tela azzurra. Le righe marroni sembravano una gabbia, ma gli uccelli erano ricamati sopra quindi erano fuori dalla gabbia...o forse ero dentro io con loro. Raschio il fondo del borsellino chiedendo un aiutino a Cristina e mi porto via la mia musica arrotolata.
La sera la ascolto ancora un po’.
Uno con la coda lunga non ha il becco...l’avevo notato subito. Potrei aggiungerlo io...
hey, e a questo manca un dito! Sbadata la nonnina...!
Quest’altro sembra gli manchi una piuma...
Piu’ guardavo e piu’ notavo che nonostante la minuzia con cui era stato ricamato ogni particolare, sempre mancava qualcosa...
Allora ho capito:
Gli uccelli sembravano talmente veri che se li avesse completati sarebbero diventati vivi fuggendo dalla tela!
Io lo so perche’ conosco la storia di una ragazza a cui avevano insegnato che nei suoi ricami doveva sempre lasciare un pezzetto incompiuto ...
Quando avevo 19 anni ne avevo scritto una versione estremamente contorta. Se la leggevi dall’inizio non si capiva bene, poi quando la si leggeva dall’ultima riga all’inizio si recuperava il filo cronologico e si capiva ( cioe’, SECONDO ME, si capiva)
Mi era piaciuto scriverla perche’ era come salire e scendere col telaio e a volte il cervello mi si annodava quando guardavo dietro al suo significato, il rovescio pieno di nodi intricati e mi chiedevo perche’ cavolo mi stava nascendo un tale racconto.
Ora vi presento una versione da ventiquattroanni, crono-logicamente ortodossa. Nella prima parte prendo spunto da quel paleoracconto, la seconda parte e’ odierna, nata appartentemente dal nulla con la velocita’ con cui si rievoca un ricordo
“C’era una volta una ragazza che viveva in cima a una torre molto alta. Passava le giornate a ricamare ed era bravissima, ma lasciava sempre un particolare incompiuto...cosi’ le avevano insegnato, perche’, diceva sua nonna, la perfezione non e’ di questa terra e noi dobbiamo ricordarcelo.
Solitamente ritraeva animali, piante o paesaggi, ma un giorno, mentre stava ricamando un cavallo, penso’ che ci sarebbe stato bene un cavaliere.
Ci stava molto bene, infatti e le venne molto bene, naturalmente.
Cosi’ bene che se ne innamoro’.
Passava la notte a guardarlo e lo sguardo continuava a caderle sul lobo dell’orecchio, che aveva lasciato incompiuto.
E’ un vero peccato, penso’, lasciarlo cosi’...e aggiunse il punto mancante.
In quel preciso momento il giovane la guardo’ negli occhi e scese da cavallo.
Lei sobbalzo’ spaventata, ma lui la prese tra le braccia e lei si senti’ la donna piu’ felice del mondo.
I due vivevano d’amore e d’accordo, nessuno usciva mai dalla torre perche’ se avevano fame lei ricamava una pizza e se la mangiavano, se volevano andare a fare un giro lei prendeva uno dei suoi lavori incompiuti e bastava che aggiungesse un punto perche’ il paesaggio prendesse tridimensionalita’ intorno a loro.
E ogni volta che lei creava qualcosa lui si rallegrava e la baciava con passione.
Un giorno il giovane si avvicino’ alla porta della stanza e chiese “Cosa c’e’ li’ dentro?”
“Niente di interessante, le stesse cose che ci sono qui, ma meno belle.”
“Voglio entrarci!”
“Non puoi.”
“E perche’?”chiese lui stupito.
“Perche’ poi non torni piu’ da me.”
“Non dire sciocchezze, vado a vedere e torno.”
Ma lei scoppio’ in singhiozzi cosi’ disperati che lui corse ad abbracciarla e non parlo’ piu’ della porta.
Pero’ continuava a pensarci e un giorno che lei si era addormentata su una amaca di fiori nel tramonto eterno che faceva da sfondo romantico alle loro giornate d’amore, lui decise di aprire la porta, solo per dare un’occhiatina.
Si trovo’ davanti delle scale a chiocciola che percorse fino a trovarsi difronte a una altra porta piu’ grande.
La apri’ e dentro c’era una strada, e case e il cielo e gente, voci, rumori, tutto si muoveva, pure le nuvole. E il sole scaldava.
E il vento gli accarezzava la pelle.
Fuori c’erano altre persone come la ragazza che conosceva lui, ma avevano i capelli ricamati di colori diversi, alcune erano piu’ alte, altre piu’ rotonde...erano tutte bellissime.
Una di queste, con dei lunghissimi capelli neri gli si avvicino’e gli sorrise: “Da dove venite bel cavaliere?...avete viaggiato molto? Volete bere dell’acqua fresca?”
In quel momento la tessitrice si sveglio’ e non trovo’ accanto a se’ il suo amore.
Lo chiamo’, lo cerco’ tra le tele sparse...niente.
Allora si affaccio’ alla finestra e lo vide vicino alla fonte che stava baciando una ragazza con dei lunghissimi capelli neri.
Folle di odio incomincio’ a ricamare un drago terribile e sul davanzale termino’ l’ultima lingua di fuoco che usciva dalla sua bocca.
Il mostro balzo’ fuori e si getto’ sul giovane ruggendo. Gia’ lo aveva afferrato e stava per staccargli la testa quando la tessitrice si rese conto di quel che aveva fatto e rapida straccio’ in due la tela che raffigurava il drago, il quale si dissolse nel nulla.
Poi ella scese correndo le scale
“Ti sei fatto male? - chiese preoccupata al suo uomo.
“No, no, tutto bene.” Rispose lui frastornato.
“Ti odio. Non mi toccare!”disse lei allora.
“Ma....? ma...cosa ti ho fatto?” balbetto’ lui
“Cosa hai fatto mi chiedi?! Ti ho visto che baciavi quella la’!”
“Ah, quella ragazza? Ma lei e’ stata molto gentile con me, mi ricordava un po’ te, mi ha offerto dell’acqua e per ringraziarla l’ho baciata come faccio con te.”
“Vabeh, ti perdono, ma non devi uscire mai piu’!”
“Ma perche’? Io voglio conoscere questo ricamo cosi’ vasto e movimentato, voglio conoscere altri paesaggi, animali e ragazze...”
“Allora vattene! VATTENE! Non ti voglio vedere mai piu’!” strillo’ lei corse nella sua torre
chiuse il portone a tripla mandata scoppio’ in lacrime.
Lui busso’ busso’, poi penso’ che forse in effetti se proprio lei non gli apriva lui non ci poteva fare niente e tanto valeva andare a scoprire questo nuovo mondo.
Lei piangeva piangeva e quando trovo’ il ritratto del cavaliere fece saltare con l’ago un punto del lobo dell’orecchio, poi accartoccio’ il panno e lo getto’ in angolo.
Lui, gia’ in bosco lontano, lancio’ un grido.
* * *
Molti anni dopo, lei stava iniziando un ennesimo ricamo, ma non l’avrebbe terminato, in tutti quegli anni non aveva mai piu’ concluso un lavoro, neanche arrivava a meta’ e lo lasciava in un angolo.
D’un tratto le parve che qualcuno bussasse al portone.
Scese le scale e ando’ ad aprire, fuori era buio. C’era un uomo con una lunga barba, avvolto in un mantello col cappuccio.
“Ho saputo che fate ricami prodigiosi.” Disse l’uomo.
“Ora non piu’. Buona notte.” Rispose secca lei e stava per chiudere il portone.
“Ma non potreste mostrarmi alcuni vostri lavori? Sono venuto fin qui apposta da molto lontano e non so dove andare a dormire!”
“Mi spiace, non faccio niente che valga la pena vedere e comunque non mostro mai quello che faccio. Adesso vado perche’ devo lavorare.”
“Ma gia’ e’ scuro, rovinereste i vostri begli occhi a lavorare al buio!
Se non volete farmi entrare, almeno permettetemi di discorrere po’ qui con voi, sul portone.”
Lei esito’. Perche’ esitava?
Forse le stava interessando quell’uomo incappucciato?
No, non c’era pericolo, lei sapeva che non si sarebbe mai piu’ innamorata perche’ aveva sofferto troppo.
L’uomo inizio’ a raccontarle dei suoi viaggi in giro per il mondo e lei resto’ ad ascoltarlo in silenzio.
A mezzanotte la luna stava per sorgere quando l’uomo disse “Si e’ fatto tardi, devo andare. Buona notte.”
E si allontano’ a grandi passi lasciandola sul portone interdetta.
Risalendo le scale scrollo’ le spalle. “Tutti uguali questi uomini.”
E si mise a letto cercando di dormire.
Il giorno seguente si alzo’ presto e riprese a lavorare, ma non riusciva a concentrarsi, inizio’ tre tele distinte e le disfo’ tutte.
Giunta la sera le venne una voglia di piangere incredibile, quando senti’ battere al portone.
Si scaravento’ giu’ dalle scale. Era l’uomo con la barba e il mantello. “Spero di non disturbare...-disse lui.
“No, no, stavo giusto facendo...ma non importa.”
“Che ne dite di fare una passeggiata chiacchierando?”
“...mh...va bene.”
I due si incamminarono e lei avrebbe voluto guardare il suo volto ma il cappuccio e la barba ne nascondevano gran parte e la luna non era non era ancora sorta.
“Vivete sola in questa torre? Non siete sposata?”
“No.” Rispose secca.
“Mi scuso se sono stato sgarbato.
Neanch’io mi sono mai sposato.
...L’unica donna che amo.... l’ho trattata molto male e temo che non mi perdonera’ mai.
Ci amavamo tanto, la nostra vita era perfetta, ma io l’abbandonai...ero giovane...credevo che ne avrei potute incontrare altre come lei. Ho conosciuto molte donne, ma ho amato solo lei. Adesso vorrei dirglielo...ma ho paura che lei possa essersi dimenticata di me al punto da non riconoscermi se mi vede.”
“Una donna non dimentica mai l’uomo che ama...pero’ non e’ facile dimenticare il dolore e la delusione.”
In quel momento nel cielo si intravide il chiarore della luna che spuntava dalla montagna e lui disse “Si e’ fatto tardi, devo andare. Buona notte.” E scomparve lasciandola ritornare sola a casa.
La sera seguente egli torno’ a bussare, lei era arrabbiata per come l’aveva lasciata la sera precedente, ma ando’ ugualmente ad aprire il portone.
“No, non vengo a passeggiare con voi, perche’ voi poi a mezzanotte sparite e mi lasciate sola.”
“...Mi scuso per il mio comportamento maleducato.
Se venite con me vi prometto che ‘stanotte non sparirò”
Cosi’ potro’ vedere il suo volto quando sorgera’ la luna- penso’ lei e lo segui’, dimenticandosi l’arrabbiatura.
Si inoltrarono nel bosco. “Fa freddo” disse lei pensando che forse avrebbe voluto avvolgersi nel ampio mantello di lui.
“Facciamo un fuoco.” propose lui, e cominciarono a cercar legna.
Misero prima dei legnetti piccoli, poi sempre piu’ grossi e gia’ questo lavoro inizio’ a scaldarli, poi lui accese il falo’ e una grossa fiamma si sprigiono’ illuminando il suo volto. Lei senti’ un tuffo al cuore e gli abbasso’ rapida il cappuccio. Gli mancava il lobo di un orecchio!
Allora gli getto’ le braccia al collo ridendo e piangendo contemporaneamente e anche lui non sapeva se stava ridendo o piangendo peche’ non poteva credere che lei lo volesse ancora.
“Non ti leghero’ piu’ in ricami perfetti, restiamo fuori, cosi’, mezzi sbagliati come siamo!”
E il giorno dopo si sposarono e cominciarono subito a fare un sacco di bambini imperfetti ma molto felici.
Oggi ho fatto il mio primo acquisto da turista: una tela di 20 centimetri azzurra con linee verticali marrone rossiccio e ricamati in lana una miriade di uccelli di tutti i colori che chiacchierano e trillano, si chiamano svolazzano gorgheggiano tra le foglie.
La vecchietta intagliata di rughe pittoresche mi guardava con gli occhi umidi e pigolava “Compr! Compr!” porgendomi una tela bianca con un quetzal, il petto rosso e le piume lunghe verdi come il suo parrucchino punk stile pom pom. Era un bel lavoro, ma non molto espressivo “no, grazie, signora, mi spiace...abbiamo i soldi contati per il bus...non posso” me ne mostra un altro analogo. “no, mi spiace, grazie, prego scusi...” e’ difficile dire di no a queste nonnine che si cavano gli occhi ricamando uccelli per i turisti.
Me ne sto andando quando con la coda dell’occhio sento tutto un frullare d’ali e cinguettii. Era la tela azzurra. Le righe marroni sembravano una gabbia, ma gli uccelli erano ricamati sopra quindi erano fuori dalla gabbia...o forse ero dentro io con loro. Raschio il fondo del borsellino chiedendo un aiutino a Cristina e mi porto via la mia musica arrotolata.
La sera la ascolto ancora un po’.
Uno con la coda lunga non ha il becco...l’avevo notato subito. Potrei aggiungerlo io...
hey, e a questo manca un dito! Sbadata la nonnina...!
Quest’altro sembra gli manchi una piuma...
Piu’ guardavo e piu’ notavo che nonostante la minuzia con cui era stato ricamato ogni particolare, sempre mancava qualcosa...
Allora ho capito:
Gli uccelli sembravano talmente veri che se li avesse completati sarebbero diventati vivi fuggendo dalla tela!
Io lo so perche’ conosco la storia di una ragazza a cui avevano insegnato che nei suoi ricami doveva sempre lasciare un pezzetto incompiuto ...
Quando avevo 19 anni ne avevo scritto una versione estremamente contorta. Se la leggevi dall’inizio non si capiva bene, poi quando la si leggeva dall’ultima riga all’inizio si recuperava il filo cronologico e si capiva ( cioe’, SECONDO ME, si capiva)
Mi era piaciuto scriverla perche’ era come salire e scendere col telaio e a volte il cervello mi si annodava quando guardavo dietro al suo significato, il rovescio pieno di nodi intricati e mi chiedevo perche’ cavolo mi stava nascendo un tale racconto.
Ora vi presento una versione da ventiquattroanni, crono-logicamente ortodossa. Nella prima parte prendo spunto da quel paleoracconto, la seconda parte e’ odierna, nata appartentemente dal nulla con la velocita’ con cui si rievoca un ricordo
“C’era una volta una ragazza che viveva in cima a una torre molto alta. Passava le giornate a ricamare ed era bravissima, ma lasciava sempre un particolare incompiuto...cosi’ le avevano insegnato, perche’, diceva sua nonna, la perfezione non e’ di questa terra e noi dobbiamo ricordarcelo.
Solitamente ritraeva animali, piante o paesaggi, ma un giorno, mentre stava ricamando un cavallo, penso’ che ci sarebbe stato bene un cavaliere.
Ci stava molto bene, infatti e le venne molto bene, naturalmente.
Cosi’ bene che se ne innamoro’.
Passava la notte a guardarlo e lo sguardo continuava a caderle sul lobo dell’orecchio, che aveva lasciato incompiuto.
E’ un vero peccato, penso’, lasciarlo cosi’...e aggiunse il punto mancante.
In quel preciso momento il giovane la guardo’ negli occhi e scese da cavallo.
Lei sobbalzo’ spaventata, ma lui la prese tra le braccia e lei si senti’ la donna piu’ felice del mondo.
I due vivevano d’amore e d’accordo, nessuno usciva mai dalla torre perche’ se avevano fame lei ricamava una pizza e se la mangiavano, se volevano andare a fare un giro lei prendeva uno dei suoi lavori incompiuti e bastava che aggiungesse un punto perche’ il paesaggio prendesse tridimensionalita’ intorno a loro.
E ogni volta che lei creava qualcosa lui si rallegrava e la baciava con passione.
Un giorno il giovane si avvicino’ alla porta della stanza e chiese “Cosa c’e’ li’ dentro?”
“Niente di interessante, le stesse cose che ci sono qui, ma meno belle.”
“Voglio entrarci!”
“Non puoi.”
“E perche’?”chiese lui stupito.
“Perche’ poi non torni piu’ da me.”
“Non dire sciocchezze, vado a vedere e torno.”
Ma lei scoppio’ in singhiozzi cosi’ disperati che lui corse ad abbracciarla e non parlo’ piu’ della porta.
Pero’ continuava a pensarci e un giorno che lei si era addormentata su una amaca di fiori nel tramonto eterno che faceva da sfondo romantico alle loro giornate d’amore, lui decise di aprire la porta, solo per dare un’occhiatina.
Si trovo’ davanti delle scale a chiocciola che percorse fino a trovarsi difronte a una altra porta piu’ grande.
La apri’ e dentro c’era una strada, e case e il cielo e gente, voci, rumori, tutto si muoveva, pure le nuvole. E il sole scaldava.
E il vento gli accarezzava la pelle.
Fuori c’erano altre persone come la ragazza che conosceva lui, ma avevano i capelli ricamati di colori diversi, alcune erano piu’ alte, altre piu’ rotonde...erano tutte bellissime.
Una di queste, con dei lunghissimi capelli neri gli si avvicino’e gli sorrise: “Da dove venite bel cavaliere?...avete viaggiato molto? Volete bere dell’acqua fresca?”
In quel momento la tessitrice si sveglio’ e non trovo’ accanto a se’ il suo amore.
Lo chiamo’, lo cerco’ tra le tele sparse...niente.
Allora si affaccio’ alla finestra e lo vide vicino alla fonte che stava baciando una ragazza con dei lunghissimi capelli neri.
Folle di odio incomincio’ a ricamare un drago terribile e sul davanzale termino’ l’ultima lingua di fuoco che usciva dalla sua bocca.
Il mostro balzo’ fuori e si getto’ sul giovane ruggendo. Gia’ lo aveva afferrato e stava per staccargli la testa quando la tessitrice si rese conto di quel che aveva fatto e rapida straccio’ in due la tela che raffigurava il drago, il quale si dissolse nel nulla.
Poi ella scese correndo le scale
“Ti sei fatto male? - chiese preoccupata al suo uomo.
“No, no, tutto bene.” Rispose lui frastornato.
“Ti odio. Non mi toccare!”disse lei allora.
“Ma....? ma...cosa ti ho fatto?” balbetto’ lui
“Cosa hai fatto mi chiedi?! Ti ho visto che baciavi quella la’!”
“Ah, quella ragazza? Ma lei e’ stata molto gentile con me, mi ricordava un po’ te, mi ha offerto dell’acqua e per ringraziarla l’ho baciata come faccio con te.”
“Vabeh, ti perdono, ma non devi uscire mai piu’!”
“Ma perche’? Io voglio conoscere questo ricamo cosi’ vasto e movimentato, voglio conoscere altri paesaggi, animali e ragazze...”
“Allora vattene! VATTENE! Non ti voglio vedere mai piu’!” strillo’ lei corse nella sua torre
chiuse il portone a tripla mandata scoppio’ in lacrime.
Lui busso’ busso’, poi penso’ che forse in effetti se proprio lei non gli apriva lui non ci poteva fare niente e tanto valeva andare a scoprire questo nuovo mondo.
Lei piangeva piangeva e quando trovo’ il ritratto del cavaliere fece saltare con l’ago un punto del lobo dell’orecchio, poi accartoccio’ il panno e lo getto’ in angolo.
Lui, gia’ in bosco lontano, lancio’ un grido.
* * *
Molti anni dopo, lei stava iniziando un ennesimo ricamo, ma non l’avrebbe terminato, in tutti quegli anni non aveva mai piu’ concluso un lavoro, neanche arrivava a meta’ e lo lasciava in un angolo.
D’un tratto le parve che qualcuno bussasse al portone.
Scese le scale e ando’ ad aprire, fuori era buio. C’era un uomo con una lunga barba, avvolto in un mantello col cappuccio.
“Ho saputo che fate ricami prodigiosi.” Disse l’uomo.
“Ora non piu’. Buona notte.” Rispose secca lei e stava per chiudere il portone.
“Ma non potreste mostrarmi alcuni vostri lavori? Sono venuto fin qui apposta da molto lontano e non so dove andare a dormire!”
“Mi spiace, non faccio niente che valga la pena vedere e comunque non mostro mai quello che faccio. Adesso vado perche’ devo lavorare.”
“Ma gia’ e’ scuro, rovinereste i vostri begli occhi a lavorare al buio!
Se non volete farmi entrare, almeno permettetemi di discorrere po’ qui con voi, sul portone.”
Lei esito’. Perche’ esitava?
Forse le stava interessando quell’uomo incappucciato?
No, non c’era pericolo, lei sapeva che non si sarebbe mai piu’ innamorata perche’ aveva sofferto troppo.
L’uomo inizio’ a raccontarle dei suoi viaggi in giro per il mondo e lei resto’ ad ascoltarlo in silenzio.
A mezzanotte la luna stava per sorgere quando l’uomo disse “Si e’ fatto tardi, devo andare. Buona notte.”
E si allontano’ a grandi passi lasciandola sul portone interdetta.
Risalendo le scale scrollo’ le spalle. “Tutti uguali questi uomini.”
E si mise a letto cercando di dormire.
Il giorno seguente si alzo’ presto e riprese a lavorare, ma non riusciva a concentrarsi, inizio’ tre tele distinte e le disfo’ tutte.
Giunta la sera le venne una voglia di piangere incredibile, quando senti’ battere al portone.
Si scaravento’ giu’ dalle scale. Era l’uomo con la barba e il mantello. “Spero di non disturbare...-disse lui.
“No, no, stavo giusto facendo...ma non importa.”
“Che ne dite di fare una passeggiata chiacchierando?”
“...mh...va bene.”
I due si incamminarono e lei avrebbe voluto guardare il suo volto ma il cappuccio e la barba ne nascondevano gran parte e la luna non era non era ancora sorta.
“Vivete sola in questa torre? Non siete sposata?”
“No.” Rispose secca.
“Mi scuso se sono stato sgarbato.
Neanch’io mi sono mai sposato.
...L’unica donna che amo.... l’ho trattata molto male e temo che non mi perdonera’ mai.
Ci amavamo tanto, la nostra vita era perfetta, ma io l’abbandonai...ero giovane...credevo che ne avrei potute incontrare altre come lei. Ho conosciuto molte donne, ma ho amato solo lei. Adesso vorrei dirglielo...ma ho paura che lei possa essersi dimenticata di me al punto da non riconoscermi se mi vede.”
“Una donna non dimentica mai l’uomo che ama...pero’ non e’ facile dimenticare il dolore e la delusione.”
In quel momento nel cielo si intravide il chiarore della luna che spuntava dalla montagna e lui disse “Si e’ fatto tardi, devo andare. Buona notte.” E scomparve lasciandola ritornare sola a casa.
La sera seguente egli torno’ a bussare, lei era arrabbiata per come l’aveva lasciata la sera precedente, ma ando’ ugualmente ad aprire il portone.
“No, non vengo a passeggiare con voi, perche’ voi poi a mezzanotte sparite e mi lasciate sola.”
“...Mi scuso per il mio comportamento maleducato.
Se venite con me vi prometto che ‘stanotte non sparirò”
Cosi’ potro’ vedere il suo volto quando sorgera’ la luna- penso’ lei e lo segui’, dimenticandosi l’arrabbiatura.
Si inoltrarono nel bosco. “Fa freddo” disse lei pensando che forse avrebbe voluto avvolgersi nel ampio mantello di lui.
“Facciamo un fuoco.” propose lui, e cominciarono a cercar legna.
Misero prima dei legnetti piccoli, poi sempre piu’ grossi e gia’ questo lavoro inizio’ a scaldarli, poi lui accese il falo’ e una grossa fiamma si sprigiono’ illuminando il suo volto. Lei senti’ un tuffo al cuore e gli abbasso’ rapida il cappuccio. Gli mancava il lobo di un orecchio!
Allora gli getto’ le braccia al collo ridendo e piangendo contemporaneamente e anche lui non sapeva se stava ridendo o piangendo peche’ non poteva credere che lei lo volesse ancora.
“Non ti leghero’ piu’ in ricami perfetti, restiamo fuori, cosi’, mezzi sbagliati come siamo!”
E il giorno dopo si sposarono e cominciarono subito a fare un sacco di bambini imperfetti ma molto felici.
Nessun commento:
Posta un commento