martedì 8 febbraio 2011

Basta poco

(questo l'ho scritto nel mezzo dell'ansia, quando non si sapeva che cosa avesse Jonas. Solo quando è stato chiaro che non era niente di grave ho composto quella storia del bambino felice da cui emerge un'immagine idilliaca del mio ruolo materno. idilliaca ma non completa)

Si fa presto a guardare dall'alto al basso chi preferisce stordirsi e drogarsi piuttosto che affrontare la realtà, chi pensa di poter acquistare serenità e gioia per sé e per i propri cari attraverso il possesso di oggetti, chi si lamenta di come gli altri lo trattano senza mettersi d'impegno in prima persona per coltivare relazioni positive, chi si perde in valanghe di piccole angosce pur di non vedere ciò che davvero lo preoccupa e trovare il modo migliore per affrontarlo, chi trasforma ogni prova o difficoltà in scuse per arrendersi e non combattere più, chi si occupa e preoccupa del proprio corpo e del proprio aspetto fisico perchè è più facile che prendersi cura della propria anima.

Ma in realtà basta veramente poco e fa davvero paura pensarci.

Basta qualche settimana e un bambino con degli strani gonfiori sotto la mascella, visite, antibiotici, esami, ipotesi, antibiotici, attese, prelievi, punture, antibiotici, test, viaggi di notte in macchina per andare all'ospedale, domande “come sta Jonas?” “bene, lui sta bene. Siamo noi che non ci sentiamo proprio bene...”

Basta poco, pensare che forse non è niente oppure che è tutto, che tutto continuerà come prima tra qualche giorno oppure che niente sarà più come prima.

Basta poco e ci si trasforma completamente.

Vorrei mantenere la calma, continuare a fare la solita vita, lavorare... ma l'unica cosa che mi sentirei in grado di fare appena i bambini dormono sarebbe comprare una televisione e stare ore a guardarla, senza pensare a niente.

Vorrei stare coi miei bambini, con serenità, anzi con più serenità del solito...ma d'istinto tenderei ad uscire per andare a comprare dei giocattoli, per risarcirli del mio nervosismo, della mia assenza.

Vorrei prendermi qualche minuto per me, per ricordarmi come si fa a respirare con tutti polmoni, per ritrovare la giusta prospettiva delle cose ... ma la prima cosa che mi viene in mente è uscire a vedere se ci sono magliette di cotone in saldo.

Vorrei stare con Ale, abbracciarlo per trovare la forza insieme... ma di fronte alla sua stanchezza e nervosismo è più forte il desiderio di prenderlo a calci.

Vorrei cercare di capire che cosa è meglio fare, come muovermi per non trasmettere ansia a Jonas, per non essere risucchiata nel gorgo delle mille prospettive.... ma la cosa più urgente mi sembra trovare un taglio di capelli che mi stia bene.

Quella madre, quella moglie, quella donna, quella persona che ho sempre considerato l'opposto di me, in realtà è a un passo dall'essere uguale a me.

E se posso vantarmi di essere stata diversa da lei non è solo per chissà quale mia dote interiore, ma è prima di tutto perchè ho sempre avuto tutto il mondo che girava come volevo io.

Basta un sassolino sulla strada, un piede che sdrucciola, e io non sono più io, non sono più quella persona che vorrei e immagino di essere.

Basta veramente poco.

1 commento:

Andrea di Musigliano ha detto...

E' così. Parole poggiate sull'anima.
C'è un fosso sul fianco della nostra strada. Un fosso che non ci lascia mai. La strada scivola in discese euforiche e vertiginose, si annoia tra nebbie di pianura e risale con fatica e speranza. Ma il fosso sta lì, senza soluzione di continuità. E' un attimo perdere il controllo e finirci dentro. Dalla profondità del fosso poi, la strada è inarrivabile. Stancamente qualcuno riesce solo a ricordarla. Ogni giorno che ci è dato di restare sulla nostra strada è un meraviglioso mistero insostenibile. Un dovere ci appartiene: non cadere nel fosso per distrazione. Forse.
Bentrovata Charo.