giovedì 28 luglio 2011

Il mio secondo parto

Trova la differenza fra travaglio e parto come l'ho vissuto io
e tutto ciò che nella realtà fuoristante succedeva intorno a me (vedi sotto)


PREMESSA:
5 settembre
5 a.m.: inizio contrazioni, balcone da sola, luna piena, alba arancione, vento, aria fresca, danza con la terra l'acqua il fuoco l'aria, stato di grazia.
7 a.m.: si svegliano gli uomini, li rendo partecipi, colazioniamo.
8 a.m. i nonni prendono in prestito il giovane allegro e sereno.
9 a.m. Contrazioni a breve distanza molto dolorose mi obbligano a stare in piedi e muovermi. Per evitare ore di traffico non vado all'ospedale lontano dove puoi tenere il neonato la notte, ma a quello vicino dove te lo portano via.
“se va tutto bene firmo ed esco dopo 2 ore”

ADESSO COMINCIATE A CONTARE LE PERSONE SIMPATICHE CHE INCONTRO:
9 a.m. Accettazione dell'ospedale: “salve, sono in travaglio, la gravidanza è a termine, se va tutto bene uscirei dopo 2 ore”
“come scusi? E perchè vuole uscire? Non è che si può fare così!. Doveva chiamare prima e parlarne col gincologo.”
“Quale ginocologo? Dovevo farmi passare tutti i ginocologi dell'ospedale e chiedere un parere?”
“Vabeh, signora, si metta là con le coscie inforcate in quei comodi sostegni di ferro e avvisi subito il caposala di questa sua.... decisione”
entra un infermiera, entra una ginocologa, entra una specializanda, entra un inserviente, entra l'uomo delle pulizie, dalla porta aperta vedo un po' di gente nella sala d'attesa. Io attendo con le coscie inforcate. Quando arriva la contrazione però scendo: no, non aspetto un attimino, risalgo quando passa, grazie.
Mi spediscono in sala travaglio “salve, vorrei avvisare il caposala che se va tutto bene io uscirei dopo due ore”
“Dopo due ore da cosa? E perchè mai? E comunque che cosa c'entra adesso? prima bisogna vedere SE va tutto bene, signora, non è che può deciderlo prima!” se ne va borbottando e mi indica parlando con il caposala che mi guarda e scuote la testa.
10 a.m. Un infermiero: “signora, deve stare sdraiata un'oretta perchè se continua a muoversi e non si dà un contegno, si sposta quella fascia che le ho stretto per benino sulla pancia con cui faccio il monitoraggio delle contrazioni, per vedere se davvero fanno male o se è lei che la mette giù dura- e per controllare che il battito del bambino ci sia - per pararmi il culo che se qualcosa va storto posso attestare che noi stavamo monitorando e non potevamo fare diversamente. Dunque si sdrai e stia un po' tranquilla”.
“La ringrazio molto, ma se mi sdraio il dolore è troppo forte e sento che la contrazione non è efficace e non mi dilato, dunque sto in piedi e mi tengo la sua bella fascetta stretta stretta, se si sposta la riposiziono, ok?”
“Ma come signora! - sguardo penetrante e pausa drammatica: non è forse più importante la vita di suo figlio?”
“No, grazie” (volevo argomentare di più ma arriva una contrazione molto potente e scatto in piedi aggrappandomi al collo di Ale ed escludendo dal mio campo visivo e mentale l'inopportuno infermiero.)

13 a.m il dolore è sufficientemente forte e riconosco quell'impulso di spingere che il mio corpo ha già provato una volta. Mando Ale a chiamare qualcuno perchè per partorire bisogna andare in sala parto.
Dopo poco Ale torna dicendo “hanno detto di aspettare cinque minuti. Credo stiano facendo il cambio turno.”
Esco in corridoio e mi rivolgo a un gruppetto di camici intorno a caffè e fogli “Scusate, sento che devo iniziare a spingere.”
“Signora, aspetti cinque minuti che la facciamo entare”
“Scusi, io sto spingendo. La faccio qui?”
Mollano bicchierini, fogli e giacche, sbuffando scocciati.
Inservienti e infermieri sistemano la sala parto bestemmiando sommessamente, con gesti bruschi. “Si drai lì con le coscie comodamente inforcate sui supporti di ferro freddi”
Arriva l'ostetrica, una luce nella nebbia, mi visita delicatamente, appena mi tocca si rompono le acque, mi dice con dolcezza “bene, sei dilatata giusta, vuoi metterti più comoda per spingere meglio?” mi fa scendere dal trespolo e mi offre uno sgabellino bucato. Ale si siede dietro di me e mi sorregge la schiena. Questa volta voglio che esca subito, so che fa male ma so come spingere, se va tutto bene alle 16 sono a casa. Lei mi dice “Prendi questa contrazione e metticela tutta. Va tutto bene, la tua bimba sta per nascere”. E con lei inginocchiata davanti e il corpo caldo e saldo di Ale che mi sostiene, la mia piccola esce velocemente.
Mi siedo sul lettino per poterla appoggiare sulla pancia.
L'ostetrica ha fatto il suo lavoro, viene estromessa. Arriva arcigna la ginecologa “Apra le gambe che taglio il cordone.”
“Ma è passato un minuto, non posso tenerla ancora un po'?”
“Non pulsa più, signora, metta le gambe sui ganci e non rompa.”
La puericoltrice dopo un minuto si protende a prendere la piccola.
“Non posso tenerla ancora un po'?”
“Signora, devo lavarla, se no prende freddo”
“Ma è sotto una coperta, sopra al mio corpo...”
(alzando gli occhi al cielo) “Signora, mi lasci fare il mio lavoro e non rompa”
La ginecologa si avvicina con una siringona “Scusi, che cosa mi inietta?”
la ginecologa (sbuffando): “Lei non si preoccupi”
“Ma a che cosa serve?”
(sbrigativa)“Per fare uscira la placenta”
“Ma se aspettiamo dieci minuti magari esce da sola”
non si degna di rispondermi e mi ficca l'ago nella natica.
Le contrazioni artificiali sono dolorissime, mi contorco sulla mia seggiolina di tortura, intanto lavano con malagrazie la mia bambina che piange.
“Insomma, signora, stia ferma, la devo ricucire. Vuole smettere di agitarsi o no?”
Cerco di non sobbalzare alle ondate di dolore
“E così lei vuole uscire dopo due ore?” (sarcastica)
“Se va tutto bene sì” (mordendomi il labbro per non gridare dal male)
“E perchè mai?” (con aria di sfida)
“Perchè so che qui portate via i bambini la notte” (tutto di un fiato, con un fil di voce)
“E allora? Così almeno lei si riposa! E poi è una questione di sicurezza- aggiunge saccente e secca la puericoltrice- li teniamo nella nursery per controllare che non vengano portati via da estranei”
(beh, ora che so che in ospedale rubano i bambini, credo proprio che la porterò a casa dove dubito che un estraneo si prenda la briga di sottrarmi una neonata urlante - ma ho finito le forze, non riesco a ribattere)
“Ma non ce l'ha un body di cotone per la bambina? La lana può dare allergia”
“Se darà allergia glielo toglierò, glielo metta pure”
“Adesso si prenda sua figlia e se ne vada di là: per due ore è costretta a restare qui” (ironica)
I dolori delle contrazioni continuano fortissimi - a differenza dal primo parto, che dopo un minuto stavo benissimo. Ho freddo, voglio mettermi a letto e coprirmi, Ale non c'è, sono da sola, avrei bisogno di una coperta e anche di sdraiarmi, mi gira la testa, sto perdendo sangue, la piccola è attaccata al seno e più succhia più le contrazioni si fanno forti, mi sembra di svenire. Nella stanza c'è solo una seggiola di ferro e un letto con un lenzuolo, lo sollevo per coprirmici, ma sotto trovo uno spesso telo di plastica, di quelli per imbianchini, tolgo la plastica e mi copro col lenzuolo.
“Ma signora, che cosa ha fatto? La plastica deve tenerla sotto, se no sporca tutto di sangue. Ma scusi, ma lei fa così a casa sua?”
(e lei si sdraia sulla plastica a casa sua?)
Arriva la neonatologa “Quindi lei vuole andare via tra due ore. E perchè mai? Lo sa che non è una scelta che tutela la salute sua e di sua figlia?”
“Ho già partorito e penso di saper riconoscere se io o la bambina non stiamo bene”
(alza gli occhi al cielo)” mi dia la bambina”
“ma sta mangiando, si è appena attaccata...”
“beh, signora, se vuole uscire devo visitarla adesso”, mi strappa la piccola dal seno e la porta via tra grida disperate.
Torna “ bene, se vuole andarsene firmi qui, ma sappia che non tutela la vita di sua figlia”
“mi scusi, ma perchè? Che rischi corro?”
“ci sono esami che potrebero salvarle la vita”
“ma torno qui il terzo giorno per gli esami obbligatori”
“questo esame va fatto in seconda giornata”
“abito vicino, posso tornare domani”
“Bella questa! guardi che qui non è mica un albergo, se se ne va mica può tornare quando le pare! Se firma si prende la responsabilità e noi non vogliamo più saperne niente. E adesso devo continuare le visite. Mi faccia chiamare se decide di firmare”
Ale non era molto convinto prima e adesso non lo è di più.
Inseguo la neonatologa e la inchiodo al muro “ce la fa a spiegarmi perchè mia figlia rischia di morire se me ne vado? Se si esprime in italiano penso di riuscire a capire”
Messa alle strette mi espone le casistiche e confessa che non crede sia davvero probabile che mia figlia muoia se non farà quell'esame, anche se non si può escludere.
“bene, grazie. Ecco i fogli firmati”

Prima del tramonto sono a casa con tutta la mia famiglia: i maschi sono già innamorati della nuova coinquilina. Mangio col mio primogenito e lo metto a nanna come tutte le sere.
La notte la piccola piange e io sono così felice che non se ne stia un una scatola di plastica da sola con la luce al neon.
Ho delle contrazioni da post-partum da piangere, e sono così felice di avere accanto a me Ale che dorme: il suo corpo caldo è l'unico antidolorifico che faccia effetto.

2 commenti:

ariabellavis ha detto...

tesoro caro leggo ed ho i brividi...mi è venuta un po' di nausea empatica...che forza hai avuto!!ti voglio bene sorella cara..ary

mammabucolica ha detto...

nausea anche a me....
io in procinto di entrare nel mistero, sicuramente NON acasa perchè nessuno se la sente, accompagnata da Cristiana, e un Lui cosi' lontano...
sola soletta anch'io nell'orto, al silenzio, ma sempre sola e soletta.
A presto
Spero