venerdì 22 aprile 2016

3. La Collina della Luce

 ovvero... Quando San Fermo si fermò a Sagliano
segue da...

Se l’ipotesi sui calanchi di Nivione non vi convince, seguitemi di nuovo oltre il ponte di Varzi e lì girate a sinistra, in direzione della Grande Pianura. A Ponte Crenna imboccate la strada in salita che porta a Sagliano, verso il lato soleggiato della Valle Staffora.

Se da qui guardate in direzione di Livelli, oltre alla ripida gola dove scorre il torrente Crenna, noterete delle formazioni rocciose molto simili a quelle che abbiamo trovato a Nivione. Si direbbe che un incendio abbia raso al suolo la vegetazione, o piuttosto, che qualcosa di molto grosso sia rotolato giù per la scarpata trascinando con sè alberi e campi coltivati.
Ora, la vedete la piccola chiesetta che sorge poco più in alto rispetto al dirupo? Sapete a chi è dedicata?
Esatto! E’ l’oratorio di San Giorgio.
Allora è proprio qui che deve essersi svolto il famoso scontro con il drago! E’ dunque evidente che qui come a Nivione è stato lui a bruciare il terreno e provocare la frana quando è precipitato rovinosamente nel Crenna…


Se Sagliano quindi è il paese dove giunse Giorgio, prima di affrontare il drago, chi era e dove stava l’eremita di cui parla la leggenda, che lo aiutò nella sua impresa?
Non posso dimostrarlo, ma potrei giurare che l’eremita in questione è San Fermo, al quale è dedicata a Sagliano una chiesetta gemella a quella di San Giorgio.
Provate a immaginarvi la scena: il cavaliere arriva al piccolo paesino baciato dal sole, ma nessun bambino gli corre incontro festante, nessun contadino gli offre un bicchiere di vino col salame e nessuno si affaccia all’uscio per offrire ospitalità a lui e al suo cavallo. Questo è molto strano: ai quei tempi un cavaliere che veniva da lontano era conteso da tutti, perché portava notizie fresche e magari anche qualche moneta d’oro… Invece quel giorno tutti chiudono la porta e sprangano le finestre.
Noi sappiamo che i saglianesi sono amichevoli e socievoli per natura, ma sappiamo anche il motivo di questo insolito comportamento: è quasi un anno ormai che ogni notte di luna nera il Drago delle Tenebre esce dal suo nascondiglio nella gola del Crenna e si aggira per il paese cercando giovani fanciulle da divorare.
Giorgio però non ne sa niente, ormai è passato davanti a tutte le case, la notte sta calando, quando ecco che scorge la piccola casetta ai piedi della collina, l’unica con la porta aperta. C’è Fermo sulla soglia, che lo guarda e gli fa cenno di entrare. Se non fosse stato per lui forse Giorgio se ne sarebbe andato e allora chissà cosa ne sarebbe stato di noi…
Meglio non pensarci.
Piuttosto, chi era questo Fermo?
La statua lo ritrae vestito come un centurione romano, ma la gente del posto non sa dire molto sul suo conto. Alcune fonti affermano che provenisse dal Nordafrica. Eppure è ritratto coi capelli rossi e la pelle molto chiara, non ha esattamente l’aria di un maghrebino…
Allora forse veniva dall’Africa, ma le sue origini erano più nordiche.
Possiamo anche immaginare che, se era un centurione nell’esercito romano, non doveva essere di umili origini, perché a quei tempi si pensava che chi nasceva figlio di ricchi fosse per natura migliore di chi nasceva povero, per cui i ruoli di potere venivano affidati solo a chi apparteneva a una famiglia benestante.
Che altro sappiamo di questo santo?
Conosciamo il suo nome: Fermo. Si sa che il nome uno non se lo sceglie da solo, ma glielo danno i genitori. Noi possiamo quindi immaginare che tipo di figlio avrebbero voluto avere i genitori di Fermo quando hanno scelto come chiamarlo. Evidentemente speravano che lui sarebbe stato fermo, calmo, pacato e stabile.
E come sarà stato questo bambino? Forse come ogni bambino avrà avuto voglia di giocare, di correre, di fare scherzi, forse a volte non avrà avuto voglia di mangiare qualcosa e di andare a letto e avrà fatto i capricci… Pensate i suoi genitori, due nobili ben vestiti sempre composti e seri, come si saranno arrabbiati vedendo che il loro figlio non era per niente come lo desideravano! Chissà che punizioni gli avranno dato!
A quei tempi si pensava che i bambini andassero raddrizzati a cinghiate sul sedere, probabilmente avranno provato a chiuderlo in uno stanzino buio senza cibo per intere giornate sperando che imparasse a non fare le boccacce durante le cene ufficiali e a non fare la lotta nel fango col figlio dello stalliere.
Saranno servite tutte queste punizioni o lui avrà continuato ad avere attacchi di rabbia, tirare calci, pugni e sputi accecato da una furia incontenibile?
Forse è per questo che i genitori decisero di farlo arruolare nell’esercito: si auguravano che una ferrea disciplina militare l’avrebbe corretto, o forse pensarono che la sua voglia di menar le mani gli avrebbe per lo meno fatto fare carriera come soldato.
Vi lascio immaginare come durante l’addestramento avrà reagito Fermo agli ordini e alle punizioni dei superiori, lui che non sopportava obbedire e agiva sempre e solo d’istinto!
Le cose però non migliorarono quando fu proclamato centurione, e non si trattò più di ricevere ordini ma di impartirli.
I piccoli furti nella dispensa del castello, le risse con i figli della servitù, le torture agli insetti e agli animaletti che riusciva a catturare da piccolo, si trasformarono in saccheggi, violenze e crimini, che Fermo imponeva ai suoi legionari, centuplicando così la cattiveria delle sue azioni.
Per incanalare questa ferocia in un primo tempo venne mandato in Nordafrica a combattere, ma alla fine venne cacciato perfino dall’esercito.
Fermo non conosceva nessun mestiere, ma sopratutto non aveva la pazienza né la voglia di imparane uno e di guadagnarsi onestamente da vivere: se piantava un seme dopo un minuto si irritava perché questo non era ancora germogliato e buttava tutto all’aria. Per mangiare e per dormire quindi faceva l’unica cosa che sapeva fare: si prendeva quello che voleva con la violenza.
Quello fu il tempo in cui Fermo non stava mai fermo, non sostava mai più di un giorno nello stesso posto perché si annoiava oppure perché veniva scacciato a sassate dalla gente.
Da piccolo forse lo spaventava quel fuoco nero che gli oscurava la mente e il cuore e si impadroniva di lui facendogli distruggere tutto ciò che gli capitava a tiro, ma crescendo imparò ad amare quella sensazione di sangue infuocato che gli dava una forza sovrumana, senza che nessuna stupida emozione, come il timore, la compassione o il senso di colpa, potesse fermarlo.
Un giorno però fece uno strano sogno: un essere così luminoso da non poterlo guardare fisso si avvicinava a lui tenendo in una mano una spada di luce bruciante rivolta verso il cielo e nell'altra, tesa davanti a sé all'altezza del cuore, una bilancia a due braccia. Su uno dei due piatti della bilancia c'era qualcosa di nero e vorticoso che emanava odore di morte e sembrava voler risucchiare dentro di sé tutto ciò che aveva intorno con un sordo rumore di tuono o di ringhio. Fermo sentiva il suo potere di attrazione e non riusciva a staccare gli occhi da quell'oggetto misterioso che al tempo stesso però lo ripugnava e gli faceva orrore. Con uno sforzo estremo cercò di spostare l'attenzione su ciò che stava sull'altro piatto della bilancia: era qualcosa di altrettanto indefinito e indescrivibile che sembrava librarsi leggero avvolto da un delicato profumo di fresco e da una melodia dolcissima; al contrario dell'oggetto nero, questo sembrava voler spandere nel mondo quella sensazione di quiete e benessere di cui sembrava fosse costituito.
Fermo si svegliò colpito dall'intensità di quella visione, ma cercò di scacciarla dalla mente il più in fretta possibile. Solo che non fu possibile: la spada luminosa era stampata davanti a suoi occhi dovunque li girasse e allo stesso modo i due piatti della bilancia gli oscuravano la visuale qualsiasi azione compisse: se stava per colpire un uomo, la luce della spada gli impediva di prendere bene la mira, la cosa scura e nera diventava così grossa da offuscargli la vista e impedirgli i movimenti. La violenza non gli dava più quella soddisfazione e quella sensazione di potere e soddisfazione. Allo stesso tempo era infastidito da quell'altra cosa che stava sull'altro piatto della bilancia, che sembrava chiamarlo stordendolo e infiacchendolo ogni volta che si buttava su un prato a riprendere fiato o si tuffava in un fiume per sciacquarsi il sangue rappreso.
Fermo pensò che fosse il sole dell’Africa ad avergli causato quell’ improvvisa infermità mentale e per questo si imbarcò su una nave diretta verso l’Italia, e si ubriacò tanto da dormire per tre giorni, sperando di lasciare sull’altra sponda del Mediterraneo il suo sogno e di ritrovare il suo antico vigore e la sua voglia di vincere.
Ma tornato in patria la situazione non era migliorata. Disperato, cominciò a percorrere leghe e leghe senza fermarsi e fu così che percorse a piedi tutta l'Italia fino ad arrivare in Valle Staffora.
E qui, precisamente nella località di San Michele di Nivione, fece un secondo sogno, quello che gli cambiò per sempre la vita.
Come mai proprio a San Michele? Voi, che siete svegli, avrete già capito che la figura luminosa che gli era apparsa in sogno la prima volta, con la spada di fuoco e la bilancia, altri non era che l’Arcangelo Michele.
Fermo non lo aveva riconosciuto perché non aveva mai avuto la pazienza di ascoltare o leggere la sua storia né di osservare un dipinto che lo raffigurasse nell’atto di sconfiggere il demonio.
Del resto Fermo, che era tanto orgoglioso di non obbedire a nessuno e di essere libero di fare qualsiasi cosa, non sapeva che in realtà era schiavo del potere del Drago delle Tenebre, che instillava nel suo cuore la voglia di sopraffare e di causare dolore per il puro piacere di sentire come con un semplice gesto poteva spezzare o rovinare la vita a un essere vivente.
Fino a quel giorno, anzi, a quella memorabile notte del secondo sogno, Fermo aveva creduto di conoscere la felicità ogni volta che malmenava, rubava o insultava qualcuno. La paura, la disperazione, l’odio che vedeva negli occhi delle sue vittime lo facevano sentire forte, potente… felice.
Ma quella notte provò una sensazione nuova: era sul cucuzzolo di una morbida collina, a valle vedeva luccicare un fiume sinuoso e oltre alte montagne boscose, dall'altra parte, a poca distanza, un paesino era adagiato, immerso nel sole, contro un cielo azzurro e pulito.
Nell'avvallamento fertile ai suoi piedi, i campi coltivati seguivano la conformazione dolce del terreno, il paese era protetto da una piccola montagna con un bosco che l'avvolgeva come uno scialle. Dal bosco, in alto e su un terreno incredibilmente scosceso, si ergeva la torre di un castello che sembrava fosse nato direttamente dalla roccia di antica sabbia chiara su cui poggiava. Nel sogno, lui era fermo sulla collina, davanti ai suoi occhi c'era l'immancabile spada di luce che questa volta sembrava sorgere dalle profondità della terra e procedere dritto fino al cielo. All'altezza del suo cuore vedeva la bilancia, ma per la prima volta essa era in perfetto equilibrio, non si sentiva risucchiato dalla massa nera né rintronato dall'altra. Sentiva il corpo, i pensieri e le emozioni proprio così: in equilibrio esattamente nel punto in cui il Cielo e la Terra si incontrano. Una sensazione di grande pace si allargava dentro di lui partendo dal suo centro.
Quando si svegliò, si mise subito in viaggio, ma questa volta non era più in fuga, questa volta era alla ricerca del luogo che aveva visto così nitidamente in sogno. Non cercò più di disfarsi della sua visione, ma anzi tentò di conservare intatta dentro di sé quella sensazione mai provata prima in vita sua. La sera stessa, sotto una pioggerellina insistente giunse proprio a Sagliano, dove fu accolto alla Locanda del paese. Benché lui non avesse soldi per pagare, gli dissero che poteva dormire e mangiare se in cambio avesse aiutato l'indomani ai lavori nei campi. Fermo non aveva mai lavorato in vita sua, ma la mattina seguente prese gli attrezzi e seguì un contadino senza sapere come mai per la prima volta si stesse comportando in modo onesto invece di prendere senza permesso ciò che voleva e andarsene senza ringraziare come aveva sempre fatto. E fu allora che la vide: davanti ai suoi occhi splendeva nel sole di quel mattino fresco, la collina dei suoi sogni.
Da quel momento, Fermo si fermò a Sagliano.  Non solo smise di spostarsi, ma smise anche di parlare.
L’Arcangelo Michele gli apparve più volte in sogno, insegnandogli senza parole, ma con il suo fulgido esempio, l'arte della quiete interiore, aiutandolo a comprendere che per raggiungerla è necessaria la stessa forza e determinazione che serve a un guerriero per combattere.
Quando Fermo si sedeva a occhi chiusi respirando a fondo ed evocando la spada e la bilancia dentro di sé, la sua forze e la sua quiete si espandevano intorno a lui creando una bolla di serenità di benessere di cui tutto il paese poteva beneficiare. 
All'inizio i contadini lo presero per un pazzo, ma quando si resero conto che la sua presenza rendeva prosperi i raccolti, ben disposti gli animi e florida ogni attività che veniva intrapresa a Sagliano, cominciarono a dire che era un santo.


Sulla cima della collina Fermo piantò un pezzo di legno rivolto verso il cielo come la spada di luce e su questo inchiodò un altro pezzo di legno in orizzontale come le due braccia della bilancia in perfetto equilibrio tra loro, creando la piccola croce che ancora oggi troviamo sulla collina. Per non rovinare quel luogo sacro, si costruì una casetta un poco più in basso, dove oggi sorge la chiesetta a lui dedicata.
E’ un luogo che tutti i bambini amano, non per niente Fermo è considerato dalla gente di Celletta e di Sagliano protettore dei bambini, specialmente dei bambini agitati e monelli, che come per magia diventano quieti e silenziosi appena si trovano all’ombra della piccola chiesa e restano fermi e seri a guardare l’orizzonte quando raggiungono la cima della collina, immobile e placida, rischiarata dal chiarore del cielo, come un ventre che respira mentre sogna.

Questa è la storia dell’eremita che Giorgio incontrò quando giunse a Sagliano, l’unico che gli aprì la porta e dunque l’unico che avrebbe potuto spiegargli la storia del drago e delle fanciulle divorate, l’unico che avrebbe potuto chiedere al giovane cavaliere di salvare il paese…
Ma purtroppo Fermo non poteva dirgli niente, perché aveva fatto voto all’Arcangelo Michele di stare fermo, di limitare al minimo indispensabile i movimenti del suo corpo, dei suoi pensieri e anche quelli della sua lingua.


(San Michele di Nivione e la grotta del Diavolo)
 
(Quando San Fermo si fermò a Sagliano)

3. Il potere delle Tenebre
(Sant'Alberto di Butrio)  

4. La lotta contro il Drago delle Tenebre
(San Giorgio combatte a Livelli)

5. Lo specchio e lo scudo
(La Principessa Maria di Sagliano)

6. Il destino nel nome
 (Selvaggia di Oramala e il Principe Desiderio di Godiasco)

7. D'amore e libertà
 (La Vecchia del Torrente Crenna e Re Artù)

8. Liberi dalla violenza
(Selvaggia di Oramala e San Ponzo)

9. Una spada per amare
(San Martino sul Montemartino)

10. Il volo del drago 
(Martino e Margherita di Staffora)

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