domenica 1 maggio 2016

Liberazione dal comfort

Il 23 aprile i varzesi festeggiano il patrono San Giorgio e la liberazione dal Drago.
Gli ebrei in questi giorni celebrano Pesach, la liberazione dalla schiavitù in Egitto, che poi è la festa che stava celebrando Gesù in quella che noi chiamiamo Ultima Cena, prima di salire sulla croce per insegnare una nuova liberazione all'umanità.
In Italia il 25 aprile si festeggia l'anniversario della liberazione dal nazifascismo.

Questi giorni le porte di casa nostra sono state aperte all'accoglienza degli amici rimasti orfani della Locanda e io mi sono preparata a fare un seminario intensivo di Antropologia spirituale comparata ludico-sperimentale e ne sono venuti pasticcini mistici che non ho ancora del tutto assimilato.


Desideravo che questo ponte potessere essere un ponte anche tra le mie plurime identità e fedeltà culturali, e lo potesse essere per la mia comunità gassosa che in questa occasione si è resa fluida emergendo dai percorsi sotterranei in cui si era immersa da quando la Locanda se ne è andata per la sua strada diventando la casa di caccia "La Fossa", sede dei cacciatori di Sagliano.

Se il tema comune alle varie ricorrenze è la liberazione, quale forma di celebrazione le accomuna? Come rivivere oggi, coinvolgendo festanti bambini in netta maggioranza, la gioia della libertà conquistata con grande sforzo e sacrificio?

Gli ebrei hanno abbandonato una terra in cui erano schiavi, ma dove avevano vissuto per generazioni, hanno lasciato un luogo conosciuto per intraprendere l'attraversata del deserto che sarebbe durata 40 anni verso un'incognita terra promessa.

I partigiani si sono ribellati a un regime che per vent'anni li aveva educati all'obbedienza, hanno lasciato la sicurezza di stare dalla parte di chi tiene il coltello per il manico e si sono messi in marcia per i sentieri di montagna.

I cristiani rievocano il percorso di Cristo verso la crocifissione con una processione in cui si rivivono le sue ultime ore di vita terrena.

E anche San Giorgio possiamo dire che si è scomodato per andare a lottare contro il drago.

Insomma, una bella camminata nei boschi potrebbe essere la migliore rappresentazione nel mondo fisico di ciò che l'essere umano è chiamato ad affrontare dentro di sè su un piano che possiamo chiamare spirituale - se nessuno ha niente in contrario.

Liberazione da cosa, quindi?
Liberazione dalla sicurezza del conosciuto, dalla paura di cambiare, dal timore di affrontare fatica, pericoli, draghi e inattraversabili mari. Liberazione da antichi padroni, da identità in cui non ci riconosciamo più.

Ogni anno si illuminano per me diversi aspetti legati a ciascuna ricorrenza. Quest'anno ho sentito con forza il richiamo alla liberazione dal comfort.
Dopo l'homo habilis che si fabbrica semplici strumenti, l'homo erectus che sa accendersi il fuoco e costruisce abitazioni e vestiti, l'homo sapiens che sa fare le stesse cose che facciamo noi, e l'homo sapiens sapiens che siamo noi e ci sentiamo molto più sapienti del uomo sapiens,
l'evoluzione ci ha portato a divenire homo comfort, secondo la geniale definizione di Stefano Boni, nel suo libro "Homo comfort. Il superamento tecnologico della fatica e le sue conseguenze."

Nel saggio sopracitato, che non ho (ancora) letto, si descrive il processo di liberazione dalla fatica e dal dolore grazie a una tecnologia che rende la vita più comoda, ma che ci fa perdere facoltà sensoriali e abilità cognitive diffuse nel passato e ci rende in definitiva schiavi e - aggiungo io - molto timorosi di perdere il nostro comfort, che per forza di cose è strettamente connesso al potere d'acquisto. La paura di diventare poveri è la minaccia più forte che pungola ogni pedina del nostro sistema capitalistico a stare alle regole del gioco, anche quando queste sono umilianti ed eticamente inaccettabili.

Quando si parla di "zona di comfort" non si fa riferimento solo al comfort materiale, ma anche a quella piccola e ristretta area di pensieri emozioni abitudini e accettazione acritica di compromessi che è la nostra vita abituale, in cui ci riconosciamo, in cui stiamo comodi.

E allora usciamo dalle nostre case, prendiamo solo ciò che ci serve (cosa altro oltre a un po' di cibo, acqua e qualcosa per coprirci?) e andiamo a camminare per i boschi, come i partigiani, come gli ebrei in fuga dall'egitto, come Cristo salendo sul Golgota, come San Giorgio sul suo cavallo...
e facciamo un po' di FATICA, insieme.

(qui il racconto di che cosa abbiamo fatto in questo Ponte:
24 aprile: A Sant'Alberto sulle tracce del Drago
25 aprile: Noi non siamo mai stati fascisti)



Per le basi metodologiche e filosofiche:


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao.
Non ti conosco personalmente, ma volevo ugualmente ringraziarti.
Attraverso le tue parole e i tuoi racconti, infatti, riesci spesso a suscitarmi emozioni nuove, diverse.
E soprattutto spunti di riflessione.
L'altro giorno, leggendo una pagina del tuo blog (mannaggia, non ricordo quale…) in una pausa tra un lavoro e l'altro, mi sono detto: "per oggi basta, c'è il sole, spegni tutto e corri fuori a giocare e a prendere un gelato con la tua bimba!"
Si è rivelato uno dei gelati più buoni che abbia mai mangiato.
Ciao ;)
Marco

Charo dei Buschi ha detto...

Grazie per questo gelato che hai condiviso con la tua bimba e con me!