mercoledì 30 ottobre 2013

Accogliere i morti

La morte fa parte della vita.
Non possiamo vivere davvero se cerchiamo di escludere la morte dalla nostra vita.
Ci vorrebbe un'educazione alla morte.
Muoiono le persone, gli animali, le piante, muiono gli imperi, muore il seme per poter germogliare, muore il bruco quando diventa farfalla. Si muore quando ci si addormenta e si rinasce quando ci si sveglia. Ogni volta che cambiamo, qualcosa è morto e si è trasformato.
Allora voglio festeggiare con i miei bambini la morte.

Il 31 ottobre in alcuni paesi i bambini si vestono da fantasmi e creature spaventose e vanno di casa in casa a dire "dolcetto o scherzetto?"
L'ho sempre considerato una festa commerciale splatter di dubbio gusto fatto per cariarsi i denti e contribuire a una visione della morte come qualcosa di disgustoso pieno di sangue e di cadaveri in decomposizione.

Ieri però, nel tentativo di spiegare questa festa ai miei figli l'ho capita improvvisamente: i bambini si mascherano per ricordare agli adulti il mondo dei morti le cui pareti, secondo molte tradizioni, sono più sottili in questo periodo dell'anno. I morti vengono a fare visita ai vivi e se i vivi li accoglieranno (aprendo la porta e donando un dolcetto) sarà una bella festa, se invece non apriranno dovranno aspettarsi qualche "scherzetto".
Ora, io non credo che i morti vogliano dare fastidio ai vivi (a me nessun morto mi ha mai dato fastidio), tutt'al più credo che i vivi possano dare sui nervi ai morti quando si ostinano a fare finta che la morte non esista, che il mondo spirituale visto che non si è mai visto non esiste e che dai morti ormai non c'è più niente da imparare.

Allora noi in questi giorni staremo un po'in compagnia dei nostri morti.
Inviteremo a casa nostra il nostro piccolo amico Enea, che viene spesso a trovarci (la sua mamma ci ha dato il permesso di farlo dormire da noi una notte!) e ci faremo raccontare dai nonni qualcosa sui loro fratelli che sono morti. Vogliamo sapere che cosa amavano fare, come erano, qualche salamata di quando erano bambini.
E per i nonni non sarà tanto facile perchè si tratta di fratelli che sono morti da piccoli o da giovani. Ma noi non vogliamo sapere della loro morte, adesso, vogliamo solo sapere della loro vita, vogliamo invitarli a cena e preparare loro qualcosa che gli piaccia e scrivergli dei bigliettini.
"Magari di Remo che è morto a tre mesi non glielo racconto", mi dice mio papà. "Invece sì, perchè anche lui fa parte della nostra famiglia. E fa parte della nostra famiglia anche il primo figlio della nonna che non è mai nato e che forse se fosse nato si sarebbe chiamato Remo, e vogliamo anche invitare l'altro tuo fratello Remo, anche se il nonno non l'ha fatto con la nonna, anche se non ha mai vissuto con te e l'hai visto solo un paio di volte, anche se è morto forse ucciso o suicida a 20 anni. E poi vogliamo sapere qualcosa anche dell'altro fratellino cileno, figlio della nonna ma non del nonno, che tu non hai mai visto e che è morto di malattia a 8 anni, Raulito."

Per non accendere il dolore forse è giusto anche tacere, ma il dolore taciuto non smette di essere dolore. Allora è meglio dirlo. E se viene da piangere ci abbracceremo.
Bisogna imparare che non solo i bambini piangono. Anche i grandi piangono e anche i grandi a volte hanno bisogno di essere consolati.
Ma soprattutto chi muore non smette di fare parte della famiglia e la famiglia starà meglio se riconoscerà a ciascuno il suo posto.
Perchè i morti non disturbano, mentre il dolore messo a tacere sì.

Ecco che cosa abbiamo fatto in questi giorni:

vedi anche:


2 commenti:

Anonimo ha detto...

commovente...ho sempre detestato e non capito Halloween. ma proprio l'altro giorno, in campagna, mi sono venute in mente due anime: quella della mia nonna, e quella di una gemellina non nata di un'amica. Forse davvero il confine è più sottile in questi giorni: perchè non "approfittarne" per gustare la vicinanza dei lontani?

arianna ha detto...

l'ho letto ora il racconto e come capita, si trovano le cose che ci parlano, se ci si permette di farle entrare in casa.
sono entrata nel blog per via della scuoletta...e sono felice di sentirti sempre intensa e poetica, charo!
anche i grandi piangono, provano nostalgia o immensa gioia e hanno bisogno di caldi abbracci.uno a te.