31 novembre, compleanno di Jonas in ritardo, l'anno scorso per questa ricorrenza avevamo combattuto contro un drago, un drago alto due metri che si era rintanato nella cantina della Locanda. Ci siamo allenati lungamente per diventare una squadra capace di combattere come un sol uomo, siamo scesi per le scale buie, tenendoci per mano, il festeggiato teneva in mano la spada, ma la sua forza proveniva da tutti noi...
Quest'anno la storia continua
Quest'anno la storia continua
Martino era figlio di Luna, principessa di Sagliano, e Giorgio, il cavaliere che aveva combattuto contro il drago.
Suo
padre voleva chiamarlo Marte, come il dio della guerra, perchè voleva
che fosse forte come lui, la madre però lo chiamava Martino perchè era
un bambino dolce e gentile.
Perchè
diventasse un cavaliere forte e saggio, la sua educazione venne affidata a San Fermo, che era stato un centurione romano, e che da
giovane aveva un pessimo carattere, violento ed egoista, ma che era poi
divenuto saggio e calmo.
- Nel salone della Locanda ci esercitiamo anche noi come Martino, impariamo a stare fermi e zitti quando è necessario, come gli animali nel bosco quando sentono un rumore o un odore. Ci esercitiamo a ascolare non solo con le orecchie ma con tutto il corpo, come se avessimo delle antenne su tutta la pelle, se una persona ci passa di fianco velocemente noi percepiamo l'aria che si sposta, possiamo sentire il calore quando qualcuno avvicina molto una mano senza toccarci. Appena uno di noi alza gli indici vicino alle tempie come delle antenne, tutti lo imitiamo, ci immobilizziamo e stiamo zitti finchè tutti si sono accorti e sono fermi e silenziosi.
- Proviamo poi a muoverci nello spazio ad occhi chiusi, grazie alle nostre antenne possiamo sentire gli altri anche senza vederli.
- Ci esercitiamo anche con le spade, ma non a usarle, bensì a schivarne i colpi. Dopo i lunghi allenamenti fatti insieme riusciamo ormai a muoverci come se fossimo un solo corpo. Siamo in riga davanti al maestro, quando lui cerca di tagliarci la testa, tutti contemporaneamente ci abbassiamo; quando ci tira un fendente raso terra per colpirci alle gambe facciamo tutti un salto in alto, se colpisce a destra saltiamo a sinistra, se colpisce a sinistra saltiamo a destra.
Dovete
sapere che sulla collina di San Fermo, davanti a Sagliano, proprio dove ora sorge una croce di legno, a quei tempi c'era conficcata una spada. Era la
spada di luce dell'arcangelo Michele che Giorgio aveva lanciato contro il drago, e che era stata ritrovata da un contadino nel torrente dopo che il drago ferito si era rifugiato nella gola oscura vcino alla sorgente del Crenna. Ma il sangue del drago che macchiava l'arma aveva il potere di generare odio, sfiducia e violenza e la gente aveva cominciato a litigare e uccidersi per
possederla. Fermo sapeva che queste lotte avrebbero ridato nuova forza al drago. La gente voleva portare la spada insaguinata da Fermo, ma appena qualcuno riusciva a prenderla in mano desiderava tenerla per sè perchè sentiva di avere un grande potere. Così, insultandosi e combattendo i saglianesi arrivarono fino in cima alla collina dove il vecchio saggio li osservava immobile. A un certo punto nella confusione la spada volò in aria e atterrò accanto ai piedi di Fermo che la prese e con tutte le sue forze la conficcò nella terra.
Martino
sognava di poter usare un giorno quella spada, come aveva fatto suo padre, per questo si allenava duramente ogni giorno sperando di poter diventare abbastanza forte da poter estrarla. Non voleva però che
la gente lo vedesse durante i suoi tentativi, e siccome da Sagliano tutti possono vedee che cosa succede sulla collina, lui andava a provare solo nelle notti di luna
nera andava a provare.
Quella
notte, che era proprio in questo periodo dell'anno, nel quale si dice
che lo scudo che separa il mondo di qua da il mondo di là è più sottile,
Martino aveva acceso le candele e aveva espresso il suo desiderio
profondo: "voglio compiere una grande impresa come l'ha compiuta mio
padre, e voglio scoprire quale è la grande impresa per cui sono nato".
Tutti bambini prima di nascere, quando guardano il mondo dall'alto, sanno
infatti benissimo perchè vogliono scendere sulla terra, perchè vogliono
nascere da quei genitori, in quel posto e in quel tempo, e lo sanno
benissimo finchè sono nella pancia della mamma, ma appena l'aria entra
nei loro polmoni la prima volta e viene reciso il cordone ombelicale, si
dimenticano tutto e a volte ci vuole molto tempo prima di ricordarsi... e
c'è anche il rischio di non ricordarsi mai.
Per questo a volte prima di nascere ci si accorda con altre anime "senti, io scendo sulla terra perchè voglio imparare questa cosa e poi voglio fare quell'altra cosa, se me lo dimentico puoi ricordarmelo tu per favore? se non capisco puoi anche darmi un pugno sul naso, fai qualsiasi cosa ma aiutami!". A volte prima di nascere si decide di avere dei nei o dei segni particolari in alcune parti corpo come promemoria. Voi avete dei nei o delle voglie? Vi ricordate perchè avete scelto di averli?
Vedete anchd voi che non facile poi sulla terra vedere le cose in modo così chiaro come le si vedeva dall'alto.
Martino quella notte voleva chiedere ai suoi antenati di aiutarlo. Così accese una candela per sua mamma e una per suo papà, e poi per i nonni e i bisnonni e continuò finchè sapeva i nomi. ogni persona aveva una madre e un padre e si era unita a qualcun altro che aveva a sua volta una madre e un padre. Così lui si trovò circondato da un fiume di candele disposte come una piarmide rovesciata che portavano la loro luce fino a lui.
Pronunciò il nome di ognuno e ad ognuno fece la stessa preghiera "RICORDAMI CHI SONO".
Rimase immobile a sentire il calore delle fiammelle finchè sentì il cuore colmarsi di pace e forza, poi, come in sogno si alzò e si incamminò verso la collina di San Fermo al chiarore della luna calante. Lì si sedette con la colonna vertebrale dritta come la spada che stava conficcata davanti a lui.
A un certo punto - forse si addormentò o forse
successe davvero - vide una creatura così luminosa da non riuscire a
guardarla in faccia, che scendeva giù dalle stelle e gli porgeva una spada di luce dicendo queste strane parole:
"occhio per
occhio adesso è finito
la spada usata contro il nemico
servirà ora per
ciò che ti dico:
ama il nemico come ami l'amico".
Martino
aprì gli occhi e vide che la spada era ancora lì sprofondata nella terra
nera, illuminata dalla luna. Allungò una mano e senza nessuno sforzo l'arma scivolò via dal terreno.
La
mattina dopo Martino partì a cavallo, con la spada, ancora tutta sporca
di sangue e arruginita. Sua madre gli diede un mantello di lana rossa
perchè si riparasse dal freddo pungente di novembre.
Martino
si mise in cammino e si chiedeva in che modo questa spada non dovesse
più essere usata per sconfiggere i nemico ma per amare. Martino scese
verso Varzi e si incamminò lungo il fiume Staffora, risalendo la
corrente. Passò sul Ponte dei Sospiri dove incontrò dei contadini molto
poveri che sospiravano portando gerle pesanti sulla schiena. Procedendo
arrivò fino al paese che oggi si chiama San Martino. Lì si fermò per la
notte, ma era inquieto, non capiva che cosa doveva fare con quella
spada... salì sul Montemartino e giunto in cima vide un mendicante che
tremava per il freddo. Estrasse la spada e divise in due il mantello per
condividerlo con il poveretto.
In quel momento la fredda giornata di novembre si aprì ed un caldo sole emerse dalle nubi, facendo sbocciare i papaveri e la spada di luce ritornò a splendere.
Contemporaneamente dal profondo della gola del Crenna si udì un agghiacciante urlo di dolore: era il drago ferito, le cui ferite avevano ripreso a sanguinare.
La principessa di Sagliano, mamma di Martino, si trovava nella grotta nei boschi della gola oscura dove si ritirava sempre quando c'era la luna nera. All'udire quel grido balzò in piedi. Ma non per lo spavento. Il suo cuore di madre non poteva sopportare che qualche creatura provasse dolore. Così prese il suo specchio- scudo, che già una volta aveva aiutato Giorgio a sconfiggere il drago, e si diresse verso la sorgente del torrente.
....continua....
Ageografia saglianese:
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