....Segue da Parto orgasmico, ritratto (parte 1)

Vi chiederete come io sia passata dall'essere un'agguerrita sostenitrice della romantica idea del parto selvaggio a pensare che partorire in ospedale sia una bellissima cosa.


No, non avevo nessuna voglia di starmene da sola in un bosco, gli altri parti non erano stati così terribili! Non poteva essere normale tutto quel dolore... e se fosse stato un segnale che qualcosa non stava andando per il verso giusto?
Se all'inizio della gravidanza potevo essere disposta a piegarmi al volere di Madre Natura e al destino della creatura che portavo in grembo, accentando anche la realtà che non tutte le gravidanze e i parti vadano a buon fine dal punto di vista umano, dopo nove mesi di tormento non avrei corso nemmeno un rischio su un fantamilione e se mi avessero detto che per garantire la vita a mio figlio era necessario aprirmi fino alla gola non avrei opposto nessuna resistenza.


La sala parto era al buio, c'era solo una lucina da tavolo che creava l'atmosfera delicata che avevo sempre sognato per il mio parto, l'ostetrica, non giovanissima, era un po' stanca e di poche parole, ma mi sembrava esperta. "Mi fa molto più male degli altri parti, è normale?" "Certo, il terzo è così, è come se fosse un po' un primo parto."
Ma cazzo a me non me l'aveva detto nessuno! Il secondo era stato molto più facile e veloce del primo, applicando le mie traballanti conoscenze matematiche avevo calcolato che il terzo dovesse esserlo ancora di più.
Le ondate erano così violente che la nostra conversazione non proseguì oltre. Ormai avevo rinunciato la parto orgasmico, riuscii solo a rivolgere questa preghiera a mio figlio e a qualunque divinità fosse affacciata in quel momento: "Fa solo che sia veloce!!!"

segue...
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