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Se avete difficoltà a seguire la prima strada per la felicità, perchè vi sembra troppo stolido e irresponsabile gioire per tutto ciò che avviene, per il sole e per la pioggia, per la merda pestata e la ruota bucata, allora scegliete la seconda strada. Questa è più attiva, non è da femminucce fataliste e sdolcinate, vi piacerà.
E'la via dell'homo faber fortunae suae, ossia di chi si fabbrica la propria sorte da sè. In italiano suona bene perchè una traduzione maccheronica ci dà l'immagine di un fabbro che si costruisce la propria Fortuna così come potrebbe forgiarsi una spada.
Come ci si fabbrica una vita felice?
(sì, lo so, io non sono la persona giusta per parlarne perchè ho ricevuto tanto e di più dalla vita che partivo molto avvantaggiata, ma tutta questa sorte benevola me la sono scelta proprio per giungere a questa visione idilliaca della vita e uno dei miei compiti è quello di propagare questa visione, anche a costo di sentirmi dire "sì, vabeh, facile per te!")
Prima di tutto bisognerebbe capire che cosa è la felicità. La felicità è completamente soggettiva, non ho studiato psicologia, ma da profana mi verrebbe da descriverla come uno stato in cui i propri bisogni sono soddisfatti e si è in grado di gioirne.
Nei bi-sogni io includo anche i sogni, ossia di desideri.
Mi si può contestare che un conto è affermare che sogno di diventare una guaritrice ma che non potrei dire che ho bisogno di diventarlo.
Ecco, invece io credo che oggi i bisogni includano proprio la realizzazione individuale. Un tempo "bisogni" era sinonimo di "escrementi". Certo, bisogna pur cacare! Ma prima bisogna mangiare.
Orbene, dunque per essere felici bisogna sapere che cosa si desidera.
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