martedì 8 novembre 2016

Parto "dolce" (parte 4)

Segue da...

E' stato così il mio parto naturale.
No, non lo definire parto dolce.
Dolce no.
Selvaggio sì. Ero in ospedale ma è stato molto selvaggio.
Direi anzi beluino.
Dopo quel dolore agghianciante d'improvviso ho sentito che dovevo spingere e ho spinto, con tutte le mie forze, non mi importava di lacerarmi fino all'ombelico, di quello mi sarei preoccupata dopo, volevo solo arrivare al dopo. Viva. Viva io e vivo lui. Non chiedevo altro.
Così nel giro di mezzo secondo ho sentito l'intero corpicino sgusciare fuori come da un tubetto di dentifrico calpestato e schizzare lontano. Non hanno tagliato il cordone, non l'hanno lavato, non gli hanno fatto punture di vitamina k sul tallone, non gli hanno messo il collirio negli occhi, non l'hanno vestito, me lo hanno dato come io avevo chiesto, lui e il pacchettino caldo della placenta sanguinolenta avvolta in un altro telo, nella stanza semibuia con le tapparelle che lasciavano filtrare solo qualche strisica di alba sul pavimento, proprio come volevo io, nel completo silenzio... se non fosse stato per quell'urlo lancinante, anzi, quelle urla lancinanti: io ho continuato a urlare per una buona mezz'ora e se lui ha urlato credo fosse per lo spavento di quel suono beluino.
Quando ho ripreso fiato ho chiesto: Non posso fare l'epidurale adesso?

L'ostetrica non si è degnata di rispondermi. Erano le 5 del mattino, lei era in servizio dalla sera prima e aveva anche una certa età. Deve averla presa per una battuta.
A quel punto arriva il ginecologo (ma perchè un uomo sceglie di fare il ginecologo?) e gli fanno leggere il piano del parto - che avevo presentato mesi prima e avevo consegnato in varie copie al momento del ricovero, in cui chiedo, nel caso in cui non ci siano complicazioni, di poter partorire senza cesareo, induzione, senza epidurale, senza episitomia, insomma, senza niente che non sia indispensabile alla sopravvivenza mia e della creatura. 
Lui butta un occhio sospettoso verso a me - che ancora faccio smorfie mostruose e mugolo di dolore per le contrazioni che non sono molto meno forti di prima (ma non finisce più questo parto? perchè col primo figlio subito dopo la nascita mi sono sentita benissimo, giusto un po' indolenzita come quando si fa l'amore un po' troppo a lungo) - poi controlla cosa è successo là sotto dove c'è una lacerazione interna ed esterna di cui non voglio sapere niente. 
"Devo ricucire, vuole l'anestesia locale?"
"Sì" mormoro stringendo i denti per la nuova ondata lancinante. "Ah...vuole l'anestesia? - mi chiede, sarcastico - ma come signora, lei non voleva fare tutto naturale?"
Allora è vero quello che pensavo a 16 anni: o si ha il cervello o si ha il cazzo. 
Putroppo la mia dialettica in quel momento era ridotta a zero per cui ho rinunciato a spiegargli che gradivo non avere invasioni durante il parto ma che non sono masochista. Tuttavia, per pura antipatia nei suoi confronti, e anche perchè Ale era uscito per firmare le solite scartoffie, mi sforzai di non urlare per non condividere con quello sconosciuto il mio dolore. Mi sfuggì solo un lamento quando tirò fuori le garze che aveva messo mentre cuciva. "Ma come, si lamenta adesso che ho finito? Non le sto mica facendo male!" 
Deglutisco per mandare giù la coda della contrazione che mi sta togliendo il fiato ed esalo in un sospiro: "Ah, ok, allora mi dica lei quando posso sentire male."

segue...


Forse può interessarti anche:
La medicalizzazione dell'atto sessuale (dedicato agli uomini, per aiutarli a immedesimarsi)
La Santa Inibizione e i topi che hanno perduto l'amore (trattato scientifico sul ruolo degli ormoni durante il parto) 


Nessun commento: