Ho cantato ai miei studenti di italiano la canzone "Mamma mia" perchè ha parole abbastanza semplici, si canta lentamente, ripetendo due volte ogni strofa, è adatta per iniziare a scrivere e a leggere perchè le stesse parole compaiono più volte... e poi rispetto ad altre canzoni mi sembrava particolarmente vicina alle loro esperienze.
I miei studenti sono infatti tutti giovani e adulti sbarcati in Italia negli ultimi due anni. Sono tutti partiti dalla Libia ma nessuno di loro è libico, è gente che era già migrante prima di partire per l'Italia.
Quando ho spiegato che gli italiani, meno di un secolo fa, erano così poveri che molti sono emigrati in cerca di lavoro, i miei studenti si sono guardati l'un l'altro stupiti.
Ho poi mostrato sulla cartina la distanza tra la Libia e l'Italia e quella tra l'Italia e l'America. Quando ho raccontato che il viaggio durava trenta o quaranta giorni, li ho visti sbiancare (si fa per dire).
Hanno ascoltato la canzone immobili e silenziosi, tanto che quando sono arrivata alla strofa del naufragio ho esitato per un attimo, chiedendomi se fosse il caso di raccontare tutta la storia o se rimanere alle prime strofe in cui la figlia chiede alla mamma i soldi per andare in America e la mamma le risponde che i soldi è disposta a darglieli ma che non vuole che lei parta, per nulla al mondo. Da piccola mi era stata cantata solo fino a lì e solo da grande avevo scoperto il seguito.
Mi sono fatta coraggio e ho cantato (cambiando un po' le parole originali per motivi didattici ): "Quando ero in mezzo al mare / la mia nave affondò".
Quasi nessuno conosceva questo verbo, quando l'ho spiegato è calato un silenzio ancora più denso e qualcuno a bassa voce ha esclamato "oh, shit!". Alcuni si sono passati svelti una mano sugli occhi, come per scacciare un moscerino.
Non volevo farli rattristare, al contrario! Per riuscire a scuotere via dai loro sguardi il velo di preoccupazioni, di ricordi spiacevoli, di nostalgia e di timore per il futuro e poter creare un minimo di spazio libero dove poter far filtrare qualche parola di italiano, avevo dedicato tutta la prima parte della lezione a cercare di farli ridere proponendo giochi in cui dovevano chiedersi i nomi a vicenda e a inventarsi movimenti che poi gli altri dovevano imitare (naturalmente a loro avevo detto che lo scopo era quello di esercitare la memoria e di imparare a riprodurre non solo i suoni ma anche i movimenti, competenza necessaria per poter eseguire un lavoro correttamente).
D'altra parte però era importante che conoscessero questa parte della storia d'Italia e d'altronde non parlare mai di mare e di naufragi non sarà sufficiente per cancellare le loro brutte esperienze.
I miei studenti sono infatti tutti giovani e adulti sbarcati in Italia negli ultimi due anni. Sono tutti partiti dalla Libia ma nessuno di loro è libico, è gente che era già migrante prima di partire per l'Italia.
Quando ho spiegato che gli italiani, meno di un secolo fa, erano così poveri che molti sono emigrati in cerca di lavoro, i miei studenti si sono guardati l'un l'altro stupiti.
Ho poi mostrato sulla cartina la distanza tra la Libia e l'Italia e quella tra l'Italia e l'America. Quando ho raccontato che il viaggio durava trenta o quaranta giorni, li ho visti sbiancare (si fa per dire).
Hanno ascoltato la canzone immobili e silenziosi, tanto che quando sono arrivata alla strofa del naufragio ho esitato per un attimo, chiedendomi se fosse il caso di raccontare tutta la storia o se rimanere alle prime strofe in cui la figlia chiede alla mamma i soldi per andare in America e la mamma le risponde che i soldi è disposta a darglieli ma che non vuole che lei parta, per nulla al mondo. Da piccola mi era stata cantata solo fino a lì e solo da grande avevo scoperto il seguito.
Mi sono fatta coraggio e ho cantato (cambiando un po' le parole originali per motivi didattici ): "Quando ero in mezzo al mare / la mia nave affondò".
Quasi nessuno conosceva questo verbo, quando l'ho spiegato è calato un silenzio ancora più denso e qualcuno a bassa voce ha esclamato "oh, shit!". Alcuni si sono passati svelti una mano sugli occhi, come per scacciare un moscerino.
Non volevo farli rattristare, al contrario! Per riuscire a scuotere via dai loro sguardi il velo di preoccupazioni, di ricordi spiacevoli, di nostalgia e di timore per il futuro e poter creare un minimo di spazio libero dove poter far filtrare qualche parola di italiano, avevo dedicato tutta la prima parte della lezione a cercare di farli ridere proponendo giochi in cui dovevano chiedersi i nomi a vicenda e a inventarsi movimenti che poi gli altri dovevano imitare (naturalmente a loro avevo detto che lo scopo era quello di esercitare la memoria e di imparare a riprodurre non solo i suoni ma anche i movimenti, competenza necessaria per poter eseguire un lavoro correttamente).
D'altra parte però era importante che conoscessero questa parte della storia d'Italia e d'altronde non parlare mai di mare e di naufragi non sarà sufficiente per cancellare le loro brutte esperienze.
La lezione era appena finita quando è arrivata Francesca. Subito uno le è andato incontro gesticolando e parlando animatamente in pidgin english. Lei mi ha chiesto: "ma che cosa gli hai fatto fare che sono così agitati?" Anche gli altri, in effetti, stavano parlando animatamente, ma era la mia prima lezione, non sapevo se quella fosse la norma o meno.
Mi sono avvicinata e ho sentito che cosa le stava dicendo Michael: "You italians, you voglio andare in America! You and the nigger, the same!!!". Si è messo poi a mimare gli italiani che guardano con superiorità gli africani "You, italians, say no nigger, no nigger, but you are the same!"
Voi italiani fate tanto i superiori, ma siete uguali ai negri. Rideva, ma era seriamente indignato.
Segue...
2 - La maledizione del migrante
Voi italiani fate tanto i superiori, ma siete uguali ai negri. Rideva, ma era seriamente indignato.
Segue...
2 - La maledizione del migrante
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