sabato 21 ottobre 2017

1 - Identità migranti in incognito

Quando mi sono iscritta a Scienze dell’Interculturalità a Trieste, scherzando giustificavo la mia scelta dicendo che era l’unica facoltà che non esisteva a Milano, città in cui sono nata e cresciuta e che non mai molto apprezzato.
Anche quando ho deciso di fare la tesi sugli adolescenti stranieri arrivati in Italia con il ricongiugimento familiare la spiegazione per me era che mi avevano preso a fare il servizio civile in un centro diurno dove avevo avuto modo di conoscerne molti.
Ci ho messo insomma tanti anni a capire che il mio desiderio di insegnare l’italiano a chi non era nato in Italia - e attraverso questo poter rendere più semplice e magari piacevole il suo doloroso processo di integrazione in terra straniera - era il mio modo per comprendere e sanare l’identità migrante e lacerata della mia famiglia.
Mio papà è nato e cresciuto in Cile, figlio di un ebreo la cui famiglia era stata probabilmente scacciata dalla Spagna, e di una contadina cilena con una buona dose di sangue mapuche, - popolo nativo del Sudamerica scacciato dalle proprie terre- mescolato a quello di emigranti spagnoli. Però per il fatto che mio papà è arrivato in Italia quando aveva 13 anni, che parla perfettamente l’italiano (meglio dello spagnolo) che ha sempre lavorato, ha avuto una bella e sana famiglia, in altre parole è completamente integrato, non ho mai pensato che potesse essere in qualche modo “straniero”. Mia mamma del resto l’ho sempre considerata autoctona, perchè suo padre è nato a Milano (ancorchè da una famiglia calabrese, per cui si sarà certamente vissuto un’infanzia da figli di terroni) e sua madre è arrivata a Milano da ragazzina con la sua famiglia composta da padre veneto e madre di origine austriaca.
Per anni ho lavorato con ragazzi appena arrivati in Italia, da soli o con la famiglia, standogli accanto con la scusa di insegnare loro l’italiano, cercando di aiutarli a comprendere le strane abitudini di quel paese che io conoscevo meglio di loro solo perchè per caso ci ero nata, gioiendo con loro per i successi e soffrendo per le delusioni, la fatica, l’incomprensione e il dolore. Non ho capito subito che le emozioni di quelle persone mi risuonavano dentro perchè anche io ce le avevo nel sangue pur non avendole vissute.

Segue con
2 - La generazione 1,5
3 - Nostalgia: la parola che ci mancava
4 - Autorizzare la nostalgia ingiustificata
5 - Nostalgia ereditaria
6- Lingua madre e lingua matrigna
7 - I linguisticamente zoppi e i bilingui
8- Test della nostalgia


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