Quando sei nato in un paese, ci sei cresciuto e anche la carta di identità attesta che quella è la tua nazione, si presume che la lingua che hai sempre parlato, che si usa nella tua famiglia e che tutti intorno a te parlano sia la tua lingua madre. Mio papà, che è nato e cresciuto in Cile, figlio di una cilena mezza mapuche che sosteneva di essere spagnola e di un italiano fascista che aveva dovuto scappare dal suo paese perchè sulla carta di identità risultava di “razza ebraica”, mi ha sempre parlato in italiano, idioma che ormai conosce meglio dello spagnolo, ma mi ha sempre detto che per lui l’italiano è una lingua matrigna. Da piccola non avevo mai capito questa battuta, ma in effetti non si tratta di una battuta. Arrivato da poco in Italia, ancora adolescente, per metterlo a suo agio, l’insegnante aveva parlato in classe dell’odierno Cile. Quando aveva odiato quella donna che dichiarava così spudoratamente di odiare il suo paese!
Questo è il significato dell’espressione “lingua matrigna”: è una lingua che non ti ama come una madre, che ti può giocare brutti scherzi, che non puoi amare come la tua vera madre. E’ una lingua con la quale non riesci a tradurre le sfumature di ciò che ti avviene dentro. Al tempo stesso però, per il fatto che è per te sconosciuta, può essere affascinante e ricca di assonanze e similitudini che chi ci è nato dentro non nota. Ho ereditato da mio padre l’amore per le parole e la loro etimologia, ma mi sono trovata anche spesso con l’ingiustificata sensazione di non riuscire a tradurre in italiano la mia lingua madre. Lingua madre che non ho mai avuto e che non conosco perchè forse non esiste.
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